Dagli Usa alla Germania, ecco perché cresce l’onda reazionaria

L’attuale ondata di reazione può avere risultati spesso imprevisti e generare paradossi: così ci insegna la Storia

Peppino Ortoleva

Il successo di un partito di dichiarata ispirazione neonazista nelle elezioni tedesche è solo l’ultimo, in ordine di tempo, di molti segnali che arrivano dalla Francia di Marine Le Pen, dall’Italia di Giorgia Meloni, da vari paesi dell’est europeo, dagli USA.

È in corso una vera e propria ondata politica di destra. Di questa fa parte non tanto, in sé, il successo elettorale di Trump che è dovuto in gran parte all’impopolarità anche per motivi economici della precedente presidenza, quanto la marcia trionfale e per ora senza opposizioni delle sue azioni di smantellamento del sistema federale e di soppressione delle regole in difesa delle minoranze.

La tendenza conservatrice non è cominciata con le recenti guerre anche se da esse (e dall’appoggio di Putin) trae vantaggio. E gode di forte consenso anche negli strati popolari. In proposito si sono evocati diversi aggettivi, da “populista” a”sovranista”, ma è il caso di usare una parola più antica e densa: “reazionario”.

Questo termine nacque al tempo la rivoluzione francese, e indicava chi voleva appunto “reagire” all’ondata di trasformazione in senso egualitario culminata nella proclamazione dei diritti dell’uomo restaurando le vecchie gerarchie sociali e il potere dell’aristocrazia.

Ma di reazione si può parlare anche per fasi storiche successive: per le destre che tra Ottocento e Novecento si contrapposero all’avanzata dei movimenti socialisti e al diritto “universale” di voto, e che culminarono nei fascismi. E in epoca più vicina a noi per le politiche conservatrici che si affermarono a partire dagli anni Ottanta di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, contro i presunti eccessi dello stato assistenziale e in nome della riduzione delle tasse e dei deficit pubblici.

Anche quella attuale è un’ondata di reazione. In parte continua l’antistatalismo thatcheriano con misure estreme come i tagli dell’occupazione federale affidati da Trump a Elon Musk. Ma soprattutto si concentra contro le innovazioni nate dai movimenti degli anni Sessanta-Settanta: l’antirazzismo, la difesa delle minoranze, a cominciare dalla comunità LGBQT, l’aborto, l’ecologismo.

A questi nuovi princìpi si contrappongono la lotta contro l’immigrazione in nome della difesa della “purezza” delle presunte comunità originarie, in sostanza di un razzismo esplicito contro ogni “correttezza”; il tradizionalismo che ha per obiettivo non dichiarato anche rimettere le donne “al loro posto”; il rifiuto delle norme in difesa dell’ambiente percepite da molti come un’intrusione nelle proprie abitudini di vita.

Le politiche reazionarie comportano spesso paradossi. Non parliamo tanto del fatto (fin troppo sottolineato dalle cronache) che diversi dei partiti di estrema destra sono guidati da donne, quello tedesco da una omosessuale dichiarata.

Ricordiamo che i fascismi si presentarono come anti-socialisti ma anche come forme “nazionali” di socialismo, e l’azione thatcheriana condotta in nome del ceto medio ha favorito proprio la quasi-scomparsa della middle class. Ora, la base popolare delle destre attuali sta sostenendo una politica che allargherà di molto la diseguaglianza. Non c’è da stupirsi.

Il mondo “com’era prima” del tradizionalismo tedesco o russo, o del generale Vannacci, non è mai esistito, è una costruzione ideologica. Anche per questo le politiche che vorrebbero restaurarlo hanno costi altissimi, e risultati spesso imprevisti: non tanto per i politici che le guidano, quanto per chi le sostiene.

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