Il Giorno della Memoria e la verità storica da ribadire
Il 27 gennaio ricorrono gli ottant’anni dalla fine dell’Olocausto. Mai come oggi è importante celebrare questa Giornata: senza storia non c’è verità, non c’è memoria, non c’è difesa per impedire che i fantasmi ritornino
Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz: sono passati ottant’anni da questo giorno che sancì la fine dell’Olocausto, dello sterminio degli ebrei pianificato come “soluzione finale” della Judenfrage, della “questione ebraica”, dal regime nazista che dalla Germania Adolf Hitler sognava di imporre a tutta l’Europa.
Mai come in questo tempo in cui viviamo è importante celebrare la Giornata della memoria. Sull’Europa di oggi, e in primo luogo sulla Germania, il Paese più popoloso dell’Unione Europea nata sulle ceneri della catastrofe della guerra voluta dall’imperialismo hitleriano, si addensano nubi preoccupanti: il partito Alternative für Deutschland, l’AfD, che vuole porsi, come dice il nome, quale alternativa politica per i cittadini della Germania di oggi, non nasconde più i suoi ideali, che riportano indietro di un secolo il corso della storia.
AfD si muove con disinvoltura sul terreno dell’anti-antinazismo, che è poi quello di una rimozione del passato infastidita dalla memoria di quel che è stato. “Remigrazione”: è la parola d’ordine di oggi, cioè espulsione dalla Germania di tutti coloro che non sono tedeschi, oggi gli immigrati come allora gli ebrei, ma anche i rom.
Sappiamo anche bene che gli immigrati, oggi in gran parte di provenienza da Paesi di cultura islamica, e quindi di fede musulmana, pongono un serio problema alle liberal-democrazie europee dove la loro integrazione suscita, e non senza motivi, reazioni forti a causa della diversità per molti aspetti radicale tra la loro cultura e la tradizione di valori e di princìpi eredità di secoli della nostra civiltà europea.
Ma la soluzione, pur non ancora “finale” come quella nazista, non può passare attraverso la loro espulsione dai nostri Paesi, e non solo per motivazioni di carattere pratico e contingente.
C’è un fondo di malcelato razzismo nelle posizioni della destra-destra che sta crescendo non solo in Germania ma un po’ in tutta Europa, e nella stessa “destra globale” che trova il suo esponente più forte in Trump, e nel suo sodale Elon Musk. C’è un aspetto che, nella Giornata della memoria, va sottolineato osservando le posizioni espresse chiaramente da Alice Weidel, leader di AfD. Nella ormai celebre intervista con Elon Musk, che tifa apertamente per lei, ha definito Adolf Hitler come «un comunista», affermando che è stata la storiografia dei vincitori della Seconda guerra mondiale a raffigurarlo come un esponente di una destra politica estrema, conservatrice e reazionaria, mentre in realtà il nazismo sarebbe stato una sorta di socialismo camuffato, “nazional-socialismo”, appunto.
Assistiamo a un ribaltamento della verità storica, e quindi non stupisce che la Weidel definisca come «nazisti dipinti di rosso» i manifestanti contro di lei. Questo ribaltamento della storia per scompaginare le categorie concettuali e confondere le idee, stravolgere i fatti in un’ottica di pericolosissimo revisionismo storico, si trova a suo agio nell’epoca della post-verità che stiamo vivendo.
È la stessa cosa che fa Putin con l’Ucraina, della quale nega la stessa esistenza come realtà storica, come “nazione” nel senso corretto del termine, come popolo che ha una sua tradizione, una lingua, una cultura diversa da quella dell’invasore russo che la vuole ridurre a provincia del rinato antico impero prima zarista e poi sovietico.
Senza storia non c’è verità, non c’è memoria, non c’è difesa per impedire che i fantasmi ritornino. Neanche quelli della barbarie del nazismo, di quello autentico, sconfitto ottanta anni fa.
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