Cooperante detenuto in Venezuela: cosa vuole Maduro dall’Italia
La scomparsa del veneto Alberto Trentini, che non dà notizie di sé da due mesi. Che significato ha la crisi in corso tra il Venezuela e il nostro Paese? Contro l’Italia lo Stato sudamericano sta usando in queste settimane una varietà di strumenti
Che significato ha la crisi in corso tra il Venezuela, Stato ricchissimo (nelle riserve petrolifere paragonabili a quelle delle monarchie arabe) e insieme poverissimo (nel tenore di vita della popolazione), e il nostro Paese?
Contro l’Italia lo Stato sudamericano sta usando in queste settimane una varietà di strumenti. C’è una rappresaglia diplomatica che consiste nel ridurre drasticamente il personale di ambasciata a cui è consentita la permanenza nel Paese, misura che è stata presa anche contro Francia e Olanda. E c’è, anche peggio, la detenzione non motivata in corso da due mesi del cittadino italiano Alberto Trentini, impegnato a Caracas con la Ong Humanity and Inclusion.
È da tempo costume di alcuni Paesi dittatoriali prendere di fatto in ostaggio cittadini di uno Stato dal quale si vuole “ottenere” qualcosa. Lo hanno fatto più volte Russia e Iran con cittadini statunitensi, lo ha fatto in questi giorni lo stesso Iran con Cecilia Sala: che è stata di fatto scambiata con un iraniano arrestato nel nostro Paese. Cedimento a un ricatto quale ci si può aspettare da terroristi o gangster, non da uno Stato membro dell’Onu. Nel caso di Alberto Trentini però non è dato sapere che cosa il governo Maduro si aspetti in cambio.
La crisi tra il Venezuela, che fu meta di importanti flussi migratori dal nostro Paese soprattutto dopo il 1945, e l’Italia forse non deriva tanto dalle dichiarazioni di Giorgia Meloni in favore del rispetto della democrazia, deprecate dal governo venezuelano, ma che sono in linea con quanto affermato da molti altri Paesi e comunque lasciano il tempo che trovano, quanto dall’insieme di difficoltà gravi in cui si dibatte il governo di Nicolàs Maduro.
Le presidenziali tenutesi a fine luglio 2024, che dichiara di aver vinto con il 51,7% dei voti, sono state seguite da grandi manifestazioni di protesta e messe in discussione da tutti gli osservatori internazionali, anche perché non è stata fornita alcuna documentazione in supporto della “vittoria”.
Il regime socialista-bolivariano prima legato alla figura (e all’iniziale popolarità) di Hugo Chávez, eletto presidente nel 1998 e morto nel 2013, poi al suo successore Maduro, ha trovato a lungo simpatie nelle sinistre internazionali per l’opposizione al predominio Usa sull’America meridionale, e anche per gli atteggiamenti degli stessi Stati Uniti che hanno boicottato il Paese e perfino “riconosciuto” tra il 2019 e il 2022 un altro presidente.
Ma si tratta di una dittatura contraddittoria fin dal nome, visto che quel Simón Bolívar a cui dichiara di ispirarsi, si rivelò, dopo la liberazione dal dominio spagnolo circa due secoli fa dell’area di cui il Venezuela fa parte, un politico ostile non solo al socialismo, ma alla stessa democrazia.
Il sabotaggio anche economico statunitense non basta a spiegare la crisi sociale in cui il Venezuela è precipitato e che ha portato quasi un quarto della popolazione a emigrare. La politica economica di Chávez, a lungo fondata quasi solo sullo sfruttamento del petrolio, è stata penalizzata nel periodo in cui i prezzi dell’energia sono precipitati, e poi negli anni del governo inefficiente e corrotto di Maduro le percentuali di popolazione ridotta alla povertà e addirittura alla fame sono letteralmente esplose.
Nell’ansia di mantenere il potere, anche in vista di una presidenza Trump che teme ostile, il regime si muove, disordinatamente, in molte direzioni. Lo ha dimostrato l’arresto sia pure per poche ore della candidata di opposizione María Corina Machado, come la dichiarazione di volersi preparare alla “lotta armata” anche con l’appoggio esplicito della Russia di Putin.
Alla base dell’azione contro l’Italia c’è forse la speranza di dividere il fronte dei Paesi contrari alla permanenza di Maduro al potere. Preoccupa la confusione di queste mosse, e l’operatore umanitario veneziano rischia di essere ostaggio per uno “scambio” di cui nulla, per ora, è chiaro.
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