Resta lontana la pace in Ucraina

Zelensky ammette che non può vincere da solo; Putin sfida l’Occidente e invoca una piena affermazione militare. Tutto dipende dal grado di intesa in casa Nato fra europei e statunitensi

Marco Zatterin
Volodymyr Zelensky
Volodymyr Zelensky

La guerra in Ucraina non finirà in ventiquattr’ore. Suonava già strano, come annuncio, quando Donald Trump lo ha fatto in campagna elettorale.

Adesso è però chiaro che non avremo una “pace lampo”, perché le carte di un negoziato comunque difficile sono sul tavolo e promettono sciagure per chi tifa Kiev.

Volodymyr Zelensky ammette che non può vincere da solo; Vladimir Putin sfida l’Occidente e invoca una piena affermazione militare, con un tono minaccioso che nella migliore delle ipotesi punta ad alzare l’asticella di una trattativa lontana.

Così tutto dipende dal grado di intesa in casa Nato fra europei e statunitensi, e dalla possibilità che si trovi una proposta che Mosca non possa rifiutare.

Un esito che, in questo momento, è scritto ancora con la materia di cui sono fatti i sogni.

Sono state ore concitate. Il vertice dei continentali con il segretario dell’Alleanza Atlantica, Mark Rutte, è un formato a cui bisognerà abituarsi. L’impegno americano sarà decisivo nella definizione del finale delle ostilità cominciate nel febbraio 2022.

Dopo l’insediamento dell’amministrazione democratica, a metà gennaio, si comincerà a capire quanto Washington intende davvero limitare l’impegno di forniture e fondi a vantaggio di Kiev.

Un dietrofront serio come quello promesso prima del voto di novembre lascerebbe l’Ue con in mano un cerino rovente dalle fattezze simili a quelle di un missile ipersonico russo.

Per Zelensky, sarebbe la capitolazione; per l’Europa, un segnale di debolezza dalle conseguenze gravi quanto immaginabili, perché tutti sanno che l’invasione è un inguaribile vizio di Putin.

Il presidente ucraino semina realismo. «Le garanzie di sicurezza europee non saranno sufficienti: per noi la vera tutela, ora e nel futuro, è la Nato, e la Nato dipende dalle decisioni prese da europei e americani», ha detto. Contestualmente, e senza sorprendere, ha affermato che «Putin ama uccidere e io penso che sia matto».

A Bruxelles si è pure lanciato in un «Welcome Donald», chiedendo un piano elaborato con le due potenze che lo sostengono, Usa e Ue.

La sua linea è che non ci possa essere un cessate il fuoco senza spinta sul Cremlino. Dove, però, si ricorda che un dialogo con Zelensky è impossibile perché «non democraticamente eletto».

Putin è scatenato, promette un’offensiva globale: «Sono pronto a un duello missilistico con gli americani nel cielo di Kiev».

L’Europa da sola non ce la può fare. Non ha armi sufficienti, e nemmeno il consenso, per continuare a oltranza il sostegno agli ucraini.

La richiesta degli slovacchi a Zelensky perché faccia transitare il gas russo per l’inverno illustra come in molte cancellerie si guardi allo scontro in corso a un passo da casa, anche se in serata il comunicato del vertice Ue definiva “incrollabile” l’impegno a sostenere Kiev in ogni modo e il presidente del Consiglio, Antonio Costa, riesumava il «whatever it takes» di Mario Draghi.

Su questo, tuttavia, nessuno è disposto a scommettere e, fra i diplomatici, gira la battuta di George Orwell secondo cui «il modo migliore per finire un conflitto è perderlo».

La rapidità dell’esito, al punto in cui siamo, sembra dipendere da come si riuscirà a trovare una via di uscita onorevole. Se non per l’Ucraina, purtroppo, almeno per l’Europa e la Nato.

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