Il pacifismo incoerente a 5 stelle
Alla vigilia del 5 aprile, il giorno della piazza pentastellata contro il riarmo e «per la pace». Il M5s non si è fatto sfuggire l’opportunità di riprendere il “cannoneggiamento” nei confronti di quello che dovrebbe rappresentare il suo principale partner di coalizione


Siamo alla vigilia del 5 aprile, il giorno della piazza pentastellata contro il riarmo e «per la pace».
Dopo l’approvazione da parte del Pd della Relazione annuale sulla politica di sicurezza e difesa nella plenaria dell’Europarlamento – e, al contempo, la linea contraria sull’emendamento Welcome ReArm Europe –, il M5s non si è fatto sfuggire l’opportunità di riprendere il “cannoneggiamento” (metaforico e simbolico, beninteso) nei confronti di quello che dovrebbe rappresentare il suo principale partner di coalizione.
Una strategia non nuova, che si affianca a quella delle “mani libere” di un populismo che, di tanto in tanto – quando se ne presenta l’opportunità – torna a essere postideologico, e cerca di pescare a destra oltre che a sinistra.
La competizione con il Pd – anche se sono esclusivamente alcuni settori e bacini elettorali a sovrapporsi – resta dunque strutturale nella visione del gruppo dirigente contiano, a dispetto della «volontà testardamente unitaria» dichiarata da Elly Schlein, presa in considerazione dall’ex premier solo nella misura in cui lui e il Movimento divenuto suo partito personale ne possono trarre un profitto.
«La nostra piazza è aperta a tutti», ha indicato il presidente 5 Stelle, evidenziando di nuovo la propensione a dettare l’agenda del campo delle opposizioni che, assai diviso e litigioso, non riesce a farsi “largo” come da famosa-famigerata etichetta del passato.
Così, accanto a vari testimonial – dall’«ideologo» Marco Travaglio allo storico-star Alessandro Barbero – si aggiungeranno i capi di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, ma non Maurizio Landini, che (come noto e palese) sta partecipando anche lui alla gara per la leadership della sinistra-sinistra.
E, mentre serpeggia il timore che – reduce dalle mancate nevi di Roccaraso... – si presenti pure la discussa tiktoker Rita De Crescenzo, in piazza ci sarà una delegazione del Pd, che subisce ancora una volta l’iniziativa egemonica di Conte, intenzionato a rivolgersi innanzitutto all’elettorato dem e all’opinione pubblica di sinistra più larga, nella quale lo “spirito pacifista” appare prevalente, anche al prezzo di varie contraddizioni (e pur nella buona fede di tanti).
Del resto, a ben guardare, la prima contraddizione è quella che riguarda proprio l’ex presidente del Consiglio, al cui proposito qualcuno parla di «pacifintismo». Perché l’attacco propagandistico ad alzo zero contiano contro la Commissione europea è stato imperniato su due punti fondamentali: da un lato, l’accusa di bellicismo indirizzata a Ursula von der Leyen e, dall’altro, quella di uno spreco di denaro pubblico per gli armamenti, sottratto ai programmi educativi e di protezione sociale.
E, tuttavia, oltre al dato di fatto per cui non è contemplato da nessuna parte che i finanziamenti di ReArm vengano sottratte a quelli – sacrosanti, ed essenziali per il modello sociale europeo – dei sistemi di welfare, ambedue i capi di accusa possono venire agevolmente rovesciati sullo stesso ex premier che, in quanto a sperpero di risorse pubbliche, non è stato (purtroppo) secondo a nessuno con il superbonus 110%. Ed è stato durante i suoi due governi che si è registrato un incremento del 17% delle spese militari.
Insomma, l’ennesimo episodio di camalecontismo, che vede l’incoerenza permanente quale «unica coerenza» della sua carriera politica.
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