Ai funerali di Papa Francesco la speranza che nasce da un’immagine
Le esequie del Santo Padre si sono tramutate in un’inattesa e irrituale finestra di opportunità “negoziale” e diplomatica in seno a un (triste) rito di tutt’altra natura,


Il pontificato di Francesco, per tentare di riassumere 12 anni intensi e complessi, ha avuto due grandi direttrici. Da una parte, la volontà di realizzare una “Chiesa per gli ultimi” e, dall’altra, l’instancabile ricerca di tutte le strade per ridurre i conflitti nel nome di quel principio supremo della pace a cui Jorge Mario Bergoglio ha consacrato gran parte della sua politica pastorale.
I funerali hanno mostrato in modo esemplare questo binomio, declinatosi nella gigantesca piazza di popolo e in quella dei potenti (con 166 fra capi di Stato ed esponenti di vertice delle delegazioni internazionali).
Le immagini che cambiano la Storia: 20 foto del funerale di Papa Francesco




















La bara scarna con sopra il Vangelo al centro di piazza San Pietro, in mezzo alla folla; e poi la traslazione del feretro, in forma privata, a Santa Maria Maggiore, come disposto in precedenza dallo stesso pontefice scomparso. E le istantanee degli incontri fra i leader ai margini della cerimonia funebre, che hanno messo in scena un’impressionante «diplomazia funeralizia», nella speranza che ne possano scaturire decisioni e atti volti perseguire più tregue e meno guerre.
E, così, le esequie di Papa Francesco si sono tramutate in un’inattesa e irrituale finestra di opportunità “negoziale” e diplomatica in seno a un (triste) rito di tutt’altra natura, e nell’ambito di un evento mediale di proporzioni e di rilievo straordinari – va ricordato, en passant, che i funerali dei papi sono proprio uno degli esempi per antonomasia della categoria di media event elaborata dai sociologi della comunicazione Elihu Katz e Daniel Dayan.
Alcune immagini delle scorse ore stanno acquisendo un carattere iconico e una valenza emblematica, a partire da quella che ritrae il faccia a faccia, quasi intimo, tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky (senza mimetica, in giacca nera) seduti fra le navate della Basilica di San Pietro. Uno scatto “costruttivo” che appare distantissimo dalla trappola ordita contro il leader ucraino durante l’incontro alla Casa Bianca.
Non sappiamo se possa venire considerato un segno di tempi nuovi – per ricorrere al lessico del cattolicesimo – a causa dell’imprevedibilità di cui dà prova costante il presidente statunitense, ma qualche effetto è già sortito, a giudicare dalle sue dichiarazioni sul social Truth decisamente severe rispetto al solito, nei confronti di Vladimir Putin. E la sensazione risulta, pertanto, che Trump abbia fatto una sorta di bagno di realtà – lui, il campione della postverità – proprio in questo giorno di lutto, accompagnato dalla presa di coscienza della mancanza di risultati da presentare alla sua opinione pubblica per colpa di quell’autocrate russo a cui ha incessantemente fatto da sponda assai simpatetica (per non dire altro...).
Ed ecco, allora, un’ulteriore immagine iconica che mostra il presidente Usa, sempre dentro la Basilica, di nuovo insieme a quello ucraino e con i due leader dell’Europa pro Kiev e della (per ora ancora sulla carta) «coalizione dei volonterosi», Emmanuel Macron e Keir Starmer. Le potenze atomiche di questa nostra parte di mondo, si potrebbe aggiungere, in assenza (anche, ma non esclusivamente per questo) di Giorgia Meloni, che esce da queste giornate un po’ scavalcata e bypassata nella sua proiezione internazionale, anche alla luce del fugace incrocio fra Trump e Ursula von der Leyen, preludio a un prossimo incontro.
E, soprattutto, uno scatto che immortala una temporanea ricomposizione dell’Occidente, e un ritorno degli Usa nell’alveo naturale (ovvero atlantico) delle loro alleanze. —
Riproduzione riservata © il Nord Est