Dateci una Pasqua che faccia risorgere l’umano intelletto
Abbiamo bisogno di sano dibattito, di studio, di comparazione per riaprirci alla speranza in grado di traghettarci oltre a questi tempi ruvidi e incerti


La Pasqua non è un compleanno: non si può risorgere sempre lo stesso giorno. Quindi, a ogni festività pasquale, le comunità risorgono dopo aver percorso sentieri più o meno difficoltosi.
Viene subito da capire che nascere è assai più facile che risorgere.
Le date della Pasqua si muovono infatti lungo il calendario, oscillando tra il 22 di marzo e il 25 aprile, in funzione del plenilunio di primavera. Ogni volta, quando possiamo risorgere ce lo dice la luna piena.
La luna piena di primavera ci ha trovato, noi specie umana, di volta in volta in condizioni assai diverse durante l’ultimo secolo.
Alcune date, come il trentuno di marzo o il dodici di aprile, hanno visto, nell’arco di un secolo ben sette resurrezioni.
Il 25 di aprile solo una: nel 1943. Ed eravamo ancora dentro al secondo conflitto mondiale, non eravamo ancora liberati. E forse quella Pasqua stava anticipando davvero un cambiamento epocale.
Purtroppo ci sono state Pasque in cui la resurrezione non si vedeva, anzi: il nove aprile del 1939 non poteva proprio annunciare un’epoca di luce.
Certo, i tifosi della Fiorentina avranno vissuto la Pasqua del 1956, celebrata il primo aprile, come l’annuncio di una resurrezione con il loro primo scudetto.
Per i tifosi della Juventus, con 36 scudetti, ogni Pasqua era buona e i tifosi dell’Inter penseranno che la Pasqua è troppo bianconera.
Non sarebbe errato ritenere che l’aumento del prodotto interno lordo, il termine dell’Autostrada del Sole, la fine del terrorismo, siano tutti eventi che sono stati annunciati dalla Pasqua del loro anno corrente.
Piccole vittorie sulle negatività.
Ma la Pasqua non è la ricorrenza degli ottimisti da cartolina. La Pasqua non dovrebbe essere, almeno per i credenti e non solo, il giorno in cui commemorare la simbolica vittoria sulla morte, ma la costante verifica se siamo all’altezza di quella battaglia.
Possiamo realmente ripartire dopo un ciclo o un’esperienza difficile, persino tremenda? C’è davvero la luce dopo i piccoli e i grandi tunnel?
Stiamo vivendo un’epoca di annunci, molti dei quali sconfortanti. Questa Pasqua giunge alla fine di una lunga sequenza di Pasque, se non da mondo perfetto, almeno da mondo dignitoso, di innegabile decente standard di vita, soprattutto se confrontato con quello di gran parte dell’umanità.
Dove, tra le tante altre cose, la Pasqua non si celebra. Dove non si è obbligati a riflettere se il sacrificio del figlio di Dio abbia avuto o meno un senso.
Ma qui, oggi, dobbiamo chiederci, con maggior forza che in passato, se si siano poste le fondamenta, che spettano a noi e non al figlio di Dio, per costruire un mondo in cui la Pasqua non sia soltanto l’occasione per rompere un ovetto di cioccolato.
Siamo di fronte a un ciclo di Pasque diverse dal passato? Dove risorgere è diventato più difficile?
Viene da dire di sì. Se qualcuno, ascoltando i media oppure leggendo i giornali in queste settimane, immaginasse il prossimo venti aprile confrontabile con il dodici aprile del 1914, potrebbe non avere tutti i torti.
Per questo ci sentiamo di affermare che il miglior modo per celebrare la potenza della risurrezione sia far risorgere per davvero qualcosa di materiale, che alla fine sia adatto a questi tempi ruvidi e incerti.
La discussione su dove stiamo andando, non sui social, ma nei luoghi di dibattito; far risorgere lo studio, l’analisi, la comparazione, lo scambio di convinzioni, anche distanti tra loro.
Facciamo risorgere l’intelletto che s’informa; l’intelletto che ragiona; l’intelletto che tiene aperto i sogni. L’intelletto che ha compreso come la speranza non sia una pasticca comperata sugli scaffali di una farmacia che tutti possono ingoiare.
È la volontà di agire e la convinzione che solo agendo si può risorgere. È il colore della Pasqua, la speranza.
E mentre ci adoperiamo, ognuno con le proprie attitudini, a opporre azione e speranza a questi tempi frantumati, speriamo che non risorgano invece i coltelli, esperti o inesperti, che ammazzano le donne, che i giovani seppelliscano le droghe e l’alcol e tornino a far risorgere il futuro.
Allora le Pasque non saranno soltanto vacanze, ma testimonianze che siamo all’altezza.
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