Politica estera, per Meloni è il momento della scelta di campo

L’Europa è sotto attacco: bisogna schierarsi e prendere una direzione

Carlo Bertini
La premier italiana, Giorgia Meloni, all'Eliseo durante il vertice informale sull'Ucraina e la difesa europea convocato dal presidente, Emmanuel Macron, Parigi, 17 febbraio 2025. Foto Ansa
La premier italiana, Giorgia Meloni, all'Eliseo durante il vertice informale sull'Ucraina e la difesa europea convocato dal presidente, Emmanuel Macron, Parigi, 17 febbraio 2025. Foto Ansa

È il momento di decidere eventuali invii di truppe, aumenti di spese militari, di prepararsi a scontri sui dazi temuti dalle nostre imprese, insomma, è il momento di una scelta di campo: il più difficile da quando Giorgia Meloni è al governo, la politica estera da punto di forza si è trasformata in uno scenario da incubo.

E ha ragione Romano Prodi a dire che “sono ore drammatiche, è cambiato il mondo, l’America ha scelto l’autoritarismo”.

Lo si è visto dalla scelta di Trump di escludere l’Europa dai negoziati sull’Ucraina e dal capovolgimento dei valori per bocca del suo vice J.D.Vance a Monaco: un appoggio della stessa America che ci liberò da Hitler ai neonazisti tedeschi di Afd, con un discorso che ha lasciato tutti basiti, apprezzato dalla nostra premier a quanto pare, tranne che nei toni.

Ecco il quadro: Stati Uniti e Russia con tutto il peso economico e militare di cui dispongono, appoggiano le forze della destra estrema e l’Europa deve fare i conti con questa realtà. Lo deve fare la Germania, con le elezioni alle porte in cui Afd crescerà, la Francia, con il peso conquistato da Le Pen, l’Italia con uno dei tre partiti di governo che ha celebrato in Spagna l’unione dei Patrioti europei, tutti antieuropeisti per vocazione.

Arrivando buon ultima al vertice di Parigi, Meloni ha voluto rimarcare anche simbolicamente le sue perplessità: sul format scelto, sull’assenza dei paesi baltici, sulla location distante da Bruxelles, che sarebbe stato terreno neutro. Come a dire, con Trump bisogna dialogare senza prove muscolari. Ma ora l’Europa è sotto attacco, bisogna schierarsi e prendere una direzione.

Un amante degli aforismi come Oscar Wilde spiegava che “un piedistallo può essere qualcosa di molto irreale” e in effetti quello su cui era salita Meloni sperando di dominare la scena europea da protagonista nell’era Trump si sta rivelando tale: anche se la premier fatica a rendersene conto, se è vero che ha titubato prima di salire sull’aereo dei Trentunesimo stormo con destinazione Parigi per sedersi al tavolo con i grandi d’Europa.

Però di sicuro sa che forse le converrebbe prendersi margini di autonomia dal suo amico Donald Trump per non finire all’angolo nei vertici che contano. Lo ha fatto capire Marina Berlusconi con quella frase sulla la destra italiana che “riesce a mantenere una posizione di piena adesione ai valori democratici”, suonata come ammonimento della seconda forza di governo, Forza Italia. Non è sfuggito alle cancellerie che mentre tutti i leader italiani (Schlein, Conte, Renzi, Calenda, Tajani, la stessa Meloni) si sono prodigati per creare una cintura sanitaria a protezione del presidente della Repubblica dopo gli attacchi russi, il segretario della Lega abbia scelto un silenzio molto eloquente, facendo capire da che parte sta.

Meloni ha speso parole dure contro la Russia e fin qui è restata ancorata all’Europa: con la telefonata del 14 febbraio a Zelensky al quale ha ribadito l’obiettivo “di una pace giusta e duratura”, nonché con la partecipazione al vertice di Macron.

Ma ora, tra l’autoritarismo russo e quello americano, l’Ue è stretta in una morsa e Giorgia dovrà decidere che posa assumere. Può decidere una svolta che le darebbe la patente di leader di una destra moderata e affidabile.

Oppure restare in un equilibrio precario per non scoprirsi a destra con Salvini. Una strada porta al centro delle capitali europee, un’altra nei fertili pascoli dei Patrioti.

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