Ripristiniamo i primati della politica: l’Europa migliore è quella dove tutti fanno il proprio dovere

Le leadership deboli hanno sovraesposto la Commissione europea: ora tutti ritornino al proprio ruolo

Marco ZatterinMarco Zatterin
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea

Il migliore dei mondi possibili è quello dove tutti fanno bene il proprio mestiere e solo quello, è l’universo in cui ogni essere umano è all’altezza del proprio impegno e di ciò che esso comporta. È un principio che vale anche in qualunque livello di gestione della cosa pubblica ed è indipendente dalla funzione, perché le strutture sono efficaci solo se ogni ingranaggio assolve alla sua missione: i capi decidono e orientano nel rispetto delle regole, gli amministratori servono il Paese, i colletti bianchi eseguono i loro compiti con diligenza.

Nel caso dell’Europa, e dunque del processo di mantenimento delle aspettative di pace e sviluppo avviato nel secondo dopoguerra, i leader devono fare i leader nell’interesse comune, i civil servants devono amministrare la macchina, gli elettori devono esprimere con il loro voto il dovere e il diritto di dare ai vertici la legittimità democratica necessaria per sostenerne l’attività e le delibere.

Negli ultimi anni, il disorientamento politico che ha colpito il Vecchio Continente ha ribaltato i meccanismi. Il potere morbido di Bruxelles si è ritrovato senza condottieri all’altezza delle sfide. L’insufficiente qualità delle risposte alle giustificate ansie e paure dei cittadini ha incidentato la carrozza a dodici stelle. Il risultato è stato doppio: da un lato, si è lasciato spazio alle forze sovraniste perché scalfissero, con ambizioni presunte patriottiche, le prerogative del patto comunitario e guadagnassero così il consenso utile a governare a casa, senza però avere rilevanza su uno scacchiere globale dominato dalle grandi potenze, Stati Uniti e Cina; dall’altro ha spinto sotto i riflettori la Commissione Ue, diventata il principale punto di riferimento dell’Unione, motore e volto giocoforza di ogni provvedimento, dunque capro espiatorio portatile e scontato per capitali che amano comunitarizzare le sconfitte e nazionalizzare le affermazioni.

È un atteggiamento che strangola il sogno europeo. Era sbagliato già prima, ma la rielezione di Donald Trump, con la sua dottrina di riequilibrio regionale del mondo globale che mira a schiacciare l’Ue, ha reso il problema più cogente. Ora si impone un cambiamento. Se si vuole essere Europa, la rotta devono darla i politici, perché questo è il loro mandato. Devono ristabilire il loro primato. Alla luce degli sconvolgimenti provocati dalle guerre e dal ritorno al protezionismo a stelle e strisce, è cruciale che a comandare siano loro, la classe dirigente che trae le sue radici nel voto popolare. Non i tecnocrati che hanno designato e assunto per sostenerli e rappresentarli.

I governi e, per loro tramite il Consiglio Ue, insieme con l’Europarlamento eletto a suffragio universale, devono prendere in mano il loro destino e avanzare. Questo implica distrarre qualche riflettore dalla presidente von der Leyen e la sua Commissione, perché non è a loro che i Trattati chiedono di dirigere i giochi. L’esecutivo Ue è l’ufficio legislativo che scrive legge e piani dei Ventisette, nonché l’organismo incaricato di controllare che essi realizzino gli impegni presi. La decisione su come gestire insieme la Difesa, rilanciare l’economia e spingere l’innovazione, non spetta a Ursula, ma ai governi.

Certo è comodo utilizzare la ex ministra tedesca come bersaglio mobile. Se però si vuole volare come possibile, nel rispetto delle identità nazionali, la politica deve porsi al centro della scena a Bruxelles e lasciare la Commissione dove deve essere, al posto per nulla secondario di macchinista legislativo e controllore. L’Europa migliore è quella dove tutti fanno (solo) il proprio dovere, i leader nazionali ci mettono la faccia – magari con geometrie variabili ma sempre nell’alveo comunitario - e Palazzo Berlaymont rispetta il non piccolo mandato di essere responsabile di apparecchiare la tavola. È una scelta senza alternative di questi tempi, se si vuole smettere di bruciare il patrimonio di storia comune in attesa di un miracolo che, allo stato della geopolitica globale, ha davvero poche possibilità di verificarsi.

Riproduzione riservata © il Nord Est