Quel ministero piace perché porta consensi
Matteo Salvini rilancia la corsa al Viminale dopo il congresso della Lega e l’assoluzione sul caso Open Arms


Giornate di grandi manovre per Matteo Salvini. All’indomani del congresso leghista che lo ha riconfermato fino al 2029, il vicepremier-ministro-segretario ha incassato pure l’ingresso nel partito del “figliol prodigo” Roberto Vannacci, probabile preludio all’assegnazione di un posto da vicesegretario.
E, soprattutto, ha rinverdito la sua “magnifica ossessione” per quell’oggetto del desiderio che risponde al nome di Viminale. Ma perché è ritornato sulla questione proprio adesso? Poiché sono venuti a maturazione certi tempi politico-giudiziari, e la tattica del “cannoneggiamento” senza sosta del quartier generale di palazzo Chigi continua a costituire una direttrice di marcia del salvinismo – come se non si stesse appunto parlando del vicepresidente del Consiglio - ma da prototipico partito (nazional)populista, la Lega risulta contemporaneamente «di lotta (in primis) e di governo».
Per quanto concerne il primo aspetto, l’assoluzione al processo Open Arms di Palermo e la decadenza dell’accusa di sequestro di persona con riferimento al ritardo all’autorizzazione allo sbarco di una nave piena di migranti lo hanno pienamente riabilitato ai fini della rivendicazione di un ritorno agli Interni.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, invece, si tratta giustappunto dell’ennesima tappa del conflitto intestino al governo; e lo testimonia la freddezza del breve videomessaggio destinato al congresso da Giorgia Meloni, nel corso del quale non ha compiuto il benché minimo accenno al tema.
Per non dire dell’accoglienza alla proposta in stile “muro contro muro” e al rigetto completo da parte dell’esasperata Forza Italia, mentre i vertici leghisti avanzano l’idea che l’attuale inquilino del Viminale, il “tecnico d’area” Matteo Piantedosi (già capo di gabinetto di Salvini, peraltro, e questo verosimilmente gioca un ruolo nella psicologia del leader), possa venire candidato quale frontman per le regionali in Campania.
E, infatti, per rincarare la dose, il prefetto ex “alter ego” di Salvini convertitosi in competitor ha risposto con ironia – o, per meglio dire, sarcasmo – che potrebbe andarsene solo in cambio di un ruolo nell’Avellino calcio.
Il punto è che la Lega non intende mollare l’osso – anche a livello puramente comunicativo e propagandistico –, dal momento che quel ministero durante la gestione Salvini ha rappresentato un’autentica bandiera identitaria, ed è ritenuto un potenziale moltiplicatore di consenso, a differenza di quello delle Infrastrutture e dei Trasporti che, nella loro complessità e criticità, portano più rogne che soddisfazioni sotto il profilo strettamente elettorale.
La carta della sicurezza e dell’ordine pubblico, invece, consente ai politici populisti di riscuotere dividendi politici rilevanti; precisamente quelli a cui punta Salvini che, al pari di Giuseppe Conte – gira e rigira siamo sempre dalle parti dell’intesa cordiale gialloverde (e rossobruna...) –, sta risalendo nei sondaggi con l’opzione pacifista (o “pacifinta”), ma non abbastanza. E, dunque, come ha dichiarato, parlerà del Viminale con Meloni. Anche se l’impressione è che non ci sarà un ascolto particolarmente “empatico” nei suoi confronti, né alcun rimpasto di cui, come noto, si sa come comincia, ma mai come possa finire.
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