Lo scherzo di Trump sul clima: il presidente Usa scommette su petrolio e intelligenza artificiale
Alla vigilia della Cop29 di Baku il nuovo inquilino della Casa Bianca ha annunciato di voler uscire dagli accordi di Parigi contro il surriscaldamento del pianeta
Tutta colpa dei ricchissimi, che sono pochi. Un rapporto Oxfam stima che solo i superyacht e i jet privati dell’élite europea inquinano in una settimana quanto l’un per cento delle donne e degli uomini più poveri del mondo intero, cioè sette milioni di persone, riesce a fare in tutta la vita.
Se la prende con gli investimenti dei Paperoni, affermando che i primi trentasei miliardari del Continente producono in un anno le emissioni di cui sono responsabili quattro milioni e mezzo di europei.
L’insegnamento che la Ong britannica ne trae è quasi banale: se si tassassero gli euro-nababbi del 5 per cento si genererebbe un gettito di quasi 290 miliardi di euro ogni dodici mesi, denari con cui si potrebbero affrontare questioni cruciali, a partire dal finanziamento delle scelte green delle famiglie e delle imprese. Bisognerebbe ragionarci sopra. Ma nessun governo lo sta facendo davvero.
La Cop29 di Baku si è aperta sotto i peggiori auspici. Pesa sulla conferenza climatica l’annuncio di Donald Trump di uscire (di nuovo!) dagli accordi di Parigi contro il surriscaldamento del pianeta. Il presidente eletto non crede al soccorso ambientale globale e, se non bastasse, scommette su due delle voci più energivore e inquinanti della modernità, il drilling petrolifero e l’Intelligenza artificiale. Il 3 novembre, alla vigilia del voto, ha affermato che «non esiste un problema di cambiamento climatico».
Il fatto che il 2024 sia uno degli anni più caldi di sempre, con conseguenze estreme, non ha fatto un baffo al magnate repubblicano e ai suoi elettori. A Valencia, per dirne una sola, non sono per nulla d’accordo.
L’Asvis, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, rivela che nemmeno le riduzioni delle emissioni di gas serra sono sufficienti per tenere a bada il riscaldamento globale. In media, viene sottolineato, nel 2023 una persona su sette è stata esposta a temperature estreme e quest’anno è andata peggio. Si pone pertanto la necessità di politiche immediate che guardino al lungo periodo e trovino i soldi per finanziarle, perché è chiaro che le pompe di calore, i pannelli solari e le auto che non infettano l’aria non possono essere pagate solo dalla gente qualunque.
L’Europa potrebbe pensare a un Recovery Plan per il Clima, una cassa unica per progetti comuni, ricetta efficace senonché la maggior parte delle capitali non intende fare la forza con l’Unione. Tassare i molto facoltosi sarebbe l’alternativa, suggerisce Oxfam, che pensa alla temperatura, all’aumento delle diseguaglianze e alla povertà diffusa. Poi ricorda che le emissioni dell’1 per cento dei miliardari del Vecchio Mondo hanno provocato la morte di 80 mila europei uccisi dal calore eccessivo.
Colpire i Paperoni sulla carta non sembra difficile e non li metterebbe sul lastrico. In realtà, i Paesi più avanzati non paiono intenzionati a farlo, e il più potente di tutti è nelle mani di un presidente da sei miliardi che fa coppia con un uomo i cui averi valgono quasi 15 punti di Pil Italiano.
La ricaduta dell’addio di Trump agli accordi di Parigi può affossare la Cop29 anche per l’esempio che potrebbe dare a nazioni come Cina e India. «Il cambiamento climatico è uno scherzo», sostiene The Donald. Falso. Lo scherzo, brutto, ce lo sta facendo lui.
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