Il compito della scuola tra passato e presente
A suo modo il ministro Valditara sta cercando di affrontare il problema della nostra scuola. Ma si è rimasti ancorati a presupposti idealistici

A suo modo il ministro Valditara sta cercando di affrontare il problema della nostra scuola. Insegnare un poco di latino nelle medie non serve a cambiare le cose, perché la scuola ci mette di fronte a una domanda, talmente complicata da restare senza una risposta soddisfacente lungo tutto il percorso dalle elementari alla maturità, e che, a guardar bene, neppure nelle aule universitarie trova una soluzione condivisibile.
È la domanda che dovrebbe fornire agli studenti un legame tra prima e dopo, tra oggi e ieri: è il quesito sul significato di ciò che chiamiamo “contemporaneità”, sul senso da dare al “presente” che stiamo vivendo rispetto al “passato” che la scuola ci fa attraversare con le lezioni e i manuali. Si tratta di un nodo che la scuola vorrebbe snodare fornendo agli studenti qualche strumento per riuscire a farlo: immergendosi nel passato e scostandosi in sostanza dal presente. È la scelta che si fa da sempre, come se lo studio della storia potesse muoversi solo in questa direzione.
E se fosse il contrario? Se, tra presente e passato, si rendesse necessaria una continua andata e ritorno, un incessante annodamento? Se il compito fondamentale dell’insegnamento scolastico non consistesse nell’eliminare questo nodo, ma, al contrario, nell’indagare come possiamo entrarci criticamente per vivere la nostra quotidianità in una maniera meno illusoria e artificiale?
È una questione vecchia come il cucco? Certo, ma lasciarla ulteriormente ammuffire aspettando che si dilegui da sola a vantaggio della “verità” del passato e dell’inaffidabilità del presente – come la scuola sembra voler fare attraverso i suoi programmi – significa chiudere gli occhi sull’utilità stessa dell’insegnamento, che dovrebbe riuscire a fare la spola tra oggi e ieri cercando di produrre almeno l’esigenza di un annodamento tra presente e passato: un nodo che risulterebbe decisivo per guardare avanti, al futuro, senza strapparsi le vesti di dosso.
Osserviamo che cosa accade normalmente nella nostra scuola. Da questo punto di vista la scuola non è granché cambiata negli ultimi decenni. È rimasta ancorata a presupposti di tipo idealistico: mettere da parte il presente, addirittura eliminandolo dai manuali perché troppo incerto e volatile, e partire dal passato – l’Egitto, la Grecia, Roma – come se potessimo tranquillamente compiere simili salti all’indietro senza tenere conto del terreno sul quale oggi appoggiamo i piedi: un passato, magari sempre meno vago e sempre più approfondito, ma che non viene mai davvero annodato con il presente.
Ecco la sorte che, nonostante tutto, continuiamo a riservare all’idea di contemporaneità, quasi non vivessimo qui e ora, nell’intrico di un oggi di cui la scuola, come tale, non dovrebbe interessarsi. E accade che, paradossalmente, allo studente viene chiesto di misurarsi con i frammenti di passato che riesce a immaginare attraverso le lezioni e i libri, ma riceve scarsi elementi per stare criticamente nel proprio presente.Questi contatti, di cui ovviamente non può fare a meno, va a trovarli altrove, nel mondo digitale e mediatico dentro il quale ormai vive e dal quale riceve gli input che desidera, annullando così ogni annodamento tra presente e passato, e di conseguenza anche i possibili vincoli con la cultura che riceve dalla scuola.
C’è da chiedersi, allora, che progresso fa la mente di un adolescente se viene sollecitata, ogni volta, a compiere un salto all’indietro, qualche volta anche di migliaia di anni. Quasi gli si dicesse: lascia da parte la tua vita presente e immagina di trovarti tra le piramidi o ancora prima. Quale sarebbe il vantaggio di questo impreparato salto all’indietro? Per poi scoprire che tutto ciò che viene considerato degno di essere studiato si ferma ben prima del cosiddetto “oggi”, perché non siamo ancora culturalmente attrezzati per avvicinarci di più.
Proviamo allora a misurare la portata culturale della parola “contemporaneità” con le categorie storiografiche che ancora agiscono nel mondo scolastico. È una portata molto modesta, discutibile, poco utilizzata, nonostante il riconoscimento generalizzato dell’importanza che avrebbe l’immetterla davvero nella pratica scolastica. Lo diciamo molto spesso, ma non accade quasi mai.
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