Trump diventi un’occasione per l’Europa
Proviamo per una volta a ribaltare la prospettiva, nella consapevolezza che questo non è il migliore dei mondi possibili. Trump è uno stress test per la liberal democrazia, compresa la nostra
Tra poco Donald Trump sarà il 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America, il capo del mondo libero. Non è ancora tornato alla Casa Bianca, ma sembra che sia già di nuovo lì da un anno. Fanno discutere le sue nomine - alcune invero susciterebbero invidia al bar di Guerre Stellari - fanno discutere i suoi intendimenti sulla politica estera, fanno discutere le sue conferenze stampa, come quella in cui ha annunciato, nel giro di un’ora, che non esclude l’uso della forza militare per occupare il Canale di Panama e la Groenlandia e che vorrebbe l’annessione del Canada come 51esimo Stato degli Stati Uniti d’America.
Tutto è oggettivamente preoccupante, a partire dalla leggerezza con cui sono stati liquidati i tragici fatti del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill. Noialtri lettori e seguaci di Emil Cioran siamo abituati a muoverci nel mondo «al culmine della disperazione».
Proviamo però per una volta a ribaltare la prospettiva, nella consapevolezza che questo non è il migliore dei mondi possibili. Trump è uno stress test per la liberal democrazia, compresa la nostra.
Quella occidentale, europea, persino italiana. Mette in discussione il rapporto con la verità sostanziale dei fatti, nel momento in cui viene manomesso il rapporto fra persuasione e manipolazione, tutto a vantaggio della seconda. Proviamo però a chiederci se non possiamo approfittare di questo stress test per trarne qualche vantaggio. Dopo aver chiesto ai Paesi della Nato di spendere in difesa il 2 per cento del Pil, l’autore di The art of the deal ha rilanciato dicendo che adesso dovrebbero spendere il 5 per cento (fonti del Financial Times hanno detto che si accontenterebbe, alla fine, del 3,5).
Lasciamo perdere il fatto che solo 23 Paesi su 32 riescono ad arrivare al 2 per cento, figuriamoci arrivare al 5 per cento. Ma non è forse arrivato il momento, anche solo per l’Ue, di ammettere che le vacanze dalla Storia dopo 70 anni di protezione degli Stati Uniti sono finite? E che è legittimo pensare a una difesa comune europea senza bisogno dell’America a ricoprire il ruolo di sceriffo globale?
Ancora, su Starlink e SpaceX: Elon Musk, finanziatore della campagna elettorale di Trump e consulente della nuova amministrazione, uomo più ricco del mondo, viene descritto dai progressisti come un cripto-fascista in preda a se stesso, pronto a conquistare terra e spazio.
Non si può certo non notare la contraddizione di Musk (come si fa a voler essere il capo dei libertari mondiali e a simpatizzare con gli estremisti di Alternative für Deutschland, che flirtano con neo-nazisti e putiniani?), ma occorre separare l’impresa dal suo fondatore, così come nell’arte va separata l’opera dal suo creatore.
Starlink è sicuro per le telecomunicazioni della nostra difesa? È utile? Quali sono le alternative? la Commissione europea ha appena aggiudicato al consorzio SpaceRISE un contratto di concessione di 12 anni per lo sviluppo, la diffusione e la gestione del sistema satellitare dell’Unione per la connettività sicura Iris2 (Infrastruttura per la resilienza, l'interconnettività e la sicurezza via satellite), che però entrerà in funzione solo nel 2030.
Le regole del mercato dovrebbero valere anche per le nostre paure come elettori e cittadini: se un presidente degli Stati Uniti ci spaventa, troviamo delle soluzioni altrove, senza aspettare che qualcuno risolva i problemi al posto nostro. —
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