Trump e il negazionismo oltre i dazi: altre mazzate Usa all’ordine mondiale

Tocca fare i conti pure con lo smantellamento dei programmi di assistenza umanitaria. È da sperare che la società americana si dimostri con i suoi comportamenti delle emissioni: così sta svanendo la solidarietà planetaria

Paolo CostaPaolo Costa

Ipnotizzati dallo zig-zag di decisioni ed annunci da parte di Donald Trump sui dazi americani che stravolgeranno il commercio internazionale, stiamo sottovalutando le altre picconate della Casa Bianca all’ordine mondiale.

Urge prenderle seriamente in considerazione. Al netto di ulteriori cambi di scenario - magari legati ai risultati che la presidente Giorgia Meloni potrebbe ottenere giovedì dal suo viaggio in America - dovremmo avere davanti la pausa di tre mesi che Trump si è graziosamente concesso e che l’Unione europea ha accettato, sorvolando sui dazi generalizzati al 10% e quelli speciali al 25% su auto, acciaio e alluminio. Tre mesi durante i quali l’Unione dovrà mettere a punto la sua strategia di commercio internazionale, ma anche tener conto degli altri assalti di Trump all’ordine mondiale, almeno di quelli che possono mettere a rischio due beni comuni planetari: la salute e il clima.

Sui dazi dovremo valutare gli effetti diretti di quelli comunque già imposti sui prodotti Ue e gli effetti indiretti degli ingenti dazi reciproci inflitti dagli Usa alla Cina e viceversa, ma anche prepararci alla discussione sulle “barriere non tariffarie” che gli Stati Uniti vedono nel patrimonio di regole che l’Ue si è data in materia doganale, regole sanitarie e fitosanitarie - il divieto di produzione e uso dei Pfas che hanno inquinato le falde acquifere in provincia di Vicenza, Padova e Verona, per fare un esempio -, sugli appalti pubblici, sulla proprietà intellettuale, sul commercio elettronico, sui servizi digitali e sugli investimenti stranieri in Europa. Regole che alcuni incalliti sovranisti, pappagalli nostrani di Trump, vorrebbero far passare come inutili aggravi burocratici.

Ma tutto questo non ci deve distogliere dal prepararci a parare un altro paio di politiche trumpiane che possono mettere a rischio il bene comune globale (salute e clima) e quello delle future generazioni.

Le picconate trumpiane seguono uno schema ormai evidente. Prima di tutto, liberare gli Stati Uniti dai vincoli derivanti dagli accordi internazionali multilaterali esistenti, che gli Usa dichiareranno di non voler più rispettare, e poi ricostruire un nuovo “ordine”, se proprio necessario sulla base di accordi bilaterali, dove far valere le ragioni del più forte. Maga (Make America Great Again) fondata sulla prepotenza.

Il ritiro degli Usa dall’Organizzazione mondiale della Sanità, ma anche lo smantellamento della parte di assistenza umanitaria dell’agenzia Usaid disegnano - in tema difesa della salute mondiale - più che un’«America first» un’«America alone» anche nella lotta a eventuali nuove pandemie che, come il Covid 19 ci ha insegnato, non rispettano i confini degli Stati sovrani e non sono contrastabili solo all’interno di un unico Paese, per quanto forte.

La denuncia degli Accordi di Parigi, la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è solo la punta dell’iceberg del negazionismo trumpiano circa gli effetti sul clima dell’aumento dei gas serra. È di questi giorni che gli Usa non sono intervenuti ai lavori dell’Imo (International Maritime Organization ) - l’organizzazione delle Nazioni Unite che sovraintende al trasporto marittimo - riunito a Londra per la messa a punto del regolamento per l'implementazione del Net Zero Framework in mare (riduzione progressiva, tendente a zero nel 2050, delle emissioni di gas serra), dichiarando sin d’ora che gli Stati Uniti non intendono rispettare il regolamento che l’Imp dovesse adottare.

Atteggiamenti che il resto del mondo potrebbe limitarsi a definire non commendevoli, non coerenti nemmeno con quella dichiarazione universale dei diritti umani approvata nel 1948, quando il ricordo della Seconda guerra mondiale suggeriva atteggiamenti di solidarietà planetaria, dai quali oggi gli Usa di Trump si sentono svincolati.

Potrebbe limitarsi a questo, se non fosse che salute e clima planetari si difendono tutti assieme o non si difendono. Paradossalmente, se il resto del mondo decidesse di procedere anche senza gli Usa, questi ne godrebbero i benefici da scrocconi.

Nel caso della lotta ai cambiamenti climatici poi, anche il più ottuso dei negazionisti sa che, senza un contenimento via Net Zero (l’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2050) dell’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale si produrrà un accelerarsi di eventi climatici catastrofici (incendi e alluvioni) e innalzamenti insostenibili del livello dei mari. Un rischio, anzi un drammatico destino, che, e Trump dovrebbe tenerne conto, non risparmierebbe le future generazioni statunitensi.

Urge preoccuparsene mantenendo in vita le istituzioni multilaterali e contrastando il negazionismo. È da sperare che la società americana si dimostri con i suoi comportamenti più accorta del suo presidente pro-tempore.

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