I due fronti aperti di Unicredit per il 2025

Il ceo di UniCredit ha rivolto la sua strategia d’attacco su due punti sensibili del mercato bancario italiano e tedesco: partite importanti che nel 2025 vedranno sviluppi decisivi

Francesco MorosiniFrancesco Morosini
Una veduta della Torre Unicredit nel quartiere Porta Nuova
Una veduta della Torre Unicredit nel quartiere Porta Nuova

Va riconosciuta ad Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit, capacità di visione strategica. Tanto da farne a pieno titolo un banchiere market mover da Piazza Affari a Oltralpe. Il ceo di UniCredit ha rivolto la sua strategia d’attacco su due punti sensibili del mercato bancario italiano e tedesco: partite importanti che nel 2025 vedranno sviluppi decisivi.

Si tratta per la Germania di Commerzbank, a lungo problematica per redditività e crediti in sofferenza. Di fatto salvata con denaro pubblico. Di qui la presenza nel capitale della banca del governo tedesco (fino al 16,49%), che ora diffida dell’ingresso dell’outsider UniCredit. In Italia, le mire di Orcel sono cadute su Banco Bpm. In entrambi i casi la partita ha peso politico. In Italia, in particolare, l’Opa di UniCredit impedirebbe per norma il progetto caro al governo Meloni della nascita del terzo polo bancario.

L’Opa di UniCredit su Banco Bpm esclude a quest’ultimo l’acquisizione della quota del capitale di Monte Paschi Siena, ora in fase di cessione da parte del Tesoro. Mossa, come accennato, auspicata dal governo per la costruzione di un solido e grande soggetto di settore, dopo Intesa-San Paolo e la stessa UniCredit. Insomma, credito e politica si incontrano sempre. Nel caso UniCredit con una malcelata ostilità di Roma e Berlino, a cui aggiungere il correlato rischio (temuto dagli esperti di strategia militare e, per derivazione, aziendale) dei due fronti aperti contemporaneamente. Il motivo? Può portare a sovresposizione, specie, come in questo caso, se ci si muove lungo i confini tra politica ed economia/finanza. Eppure è qui che il ceo di UniCredit rilancia e sfida, anche se - forse per tattica - per Commerzbank preferisce parlare d’“investimento” più che di “scalata” o di sinergie sostanziali.

Orcel segue una logica precisa: creare nel mercato bancario europeo un operatore davvero grande, diremmo globale. Anche per evitare che il risparmio valichi l’Atlantico. Peraltro, il fondo statunitense BlackRock (e non solo lui) è già presente in UniCredit e in altri soggetti economici europei. Quindi, più che di competizione inter-atlantica, pare più logico ragionare di integrazione finanziaria tra i due lati dell’oceano. Con ricadute tra “risparmio gestito” (investimenti in fondi privati e polizze) e welfare, sull’evoluzione di questo aspetto. Equilibrio pubblico/privato che dipenderà molto dalla politica.

Altro effetto è di riaprire il contenzioso sul Mes bancario, tassello mancante all’Unione bancaria europea. L’argomento italiano alla mancata approvazione del Meccanismo europeo di stabilità è che serva più agli istituti d’Oltralpe che a quelli tricolori. Tesi almeno da verificare. Potrebbe pure essere oggetto di scambio politico tra Roma e Berlino.

Ma qual è l’interesse prioritario di UniCredit? Certo lo è la creazione di valore per gli azionisti. Ma UniCredit e le Autorità di controllo debbono considerare altri portatori d’interessi: ad esempio, i fruitori dei servizi bancari. Si avvantaggeranno o meno dalle economie di scala ottenute dalle fusioni? In fondo, pure in finanza aziendale esistono conflitti distributivi.

Ogni risiko bancario sopravanza il neutro “governo del mercato”. Infatti, si parla di presenza straniera, interesse nazionale e conseguente ruolo dello Stato. Perché in finanza la politica c’è sempre. Come e con quali risultati si vedrà. —

Riproduzione riservata © il Nord Est