Esami la sera e nei weekend, senza disdetta si paga il ticket: il decreto “liste d’attesa” spiegato punto per punto
Via libera alla nuova legge che prevede un’offerta potenziata per tagliare i tempi delle prestazioni. Incentivi ai professionisti e più collaborazione coi privati
Visite ed esami anche nei fine settimana per tagliare le liste d’attesa. Detassazione degli straordinari per convincere medici e infermieri a potenziare i turni, agende uniche tra strutture pubbliche e privato accreditato a cui le Aziende sanitarie possono chiedere maggiori prestazioni. E se un paziente non si presenta all’appuntamento dovrà pagare comunque, anche se esente, il ticket.
Attraverso questi ed altri correttivi, il ministero della Salute ritiene di poter tagliare le liste d’attesa ed evitare, così, ai pazienti meno abbienti di rinunciare alle cure. Approvata nei giorni scorsi, la nuova legge sta già sollevando un mare di polemiche. L’opposizione critica i contenuti e la mancanza di risorse dedicate alla soluzione del problema.
Potenziamento dell’offerta
Preso atto che i tempi d’attesa per accedere alle strutture pubbliche sono troppo lunghi – alle volte per certe prestazioni superano ampiamente l’anno –, la legge obbliga le Aziende sanitarie a garantire visite ed esami, entro i termini indicati dal medico, attraverso le strutture private accreditate o ricorrendo alla libera professione dei medici.
Da qui la possibilità di mantenere aperti ambulatori e laboratori nel fine settimana e nelle ore serali. E proprio perché negli ospedali non c’è personale in eccedenza, lo Stato ha introdotto la possibilità di ridurre al 15 per cento la tassazione del lavoro straordinario richiesto a medici e infermieri per ampliare l’offerta.
La stessa legge sdogana pure il superamento del tetto di spesa fissato per il personale: per l’anno in corso verrà aumentato al 15 per cento dell’incremento del Fondo sanitario regionale, il 5 per cento in più rispetto a quello applicato nel 2023. Dal prossimo anno, invece, il tetto dovrebbe – così come ha spiegato il ministro – essere sostituito da «un nuovo sistema per stabilire i fabbisogni minimi e massimi delle strutture sanitarie». Alla luce di tutto ciò, le Regione possono ridiscutere i contratti con le strutture private accreditate per valutare quali e quante prestazioni chiedere o incrementare in un anno.
Le agende
Al fine di ampliare l’offerta dei servizi ai cittadini, la legge obbliga le Regioni a istituiti i centri unici di prenotazione (Cup) dove le strutture pubbliche e private dovranno far confluire le proprie agende per garantire «la piena trasparenza delle prenotazioni effettuate e dei relativi posti a disposizione per le singole prestazioni sanitarie». In questo modo, l’operatore di turno al Cup sarà in grado di indirizzare, immediatamente, il paziente nelle strutture in grado di soddisfare la domanda. Il tutto potrà avvenire anche a distanza, attraverso un sistema digitale che consentirà di disdire, confermare o cancellare gli appuntamenti medici da remoto.
Il Cup consentirà alle strutture pubbliche e private accreditate di prendere in carico i pazienti fragili affetti da malattie croniche e degenerative, di garantire l’accesso diretto ai pazienti affetti da malattia mentale e da dipendenze patologiche, nonché di assicurare gli accessi a chiamata all’interno di progetti di screening su popolazione bersaglio per la diagnosi precoce di patologie oncologiche o di altra natura cronico-degenerativa.
I controlli
Il monitoraggio del sistema è stato affidato all’Agenzia per i servizi sanitari (Agenas), la quale avrà il compito di gestire la piattaforma delle liste di attesa nazionale per migliorare l’accesso ai servizi sanitari. In presenza di inefficienze o anomalie, l’Agenas potrà attuare degli audit nei confronti delle regioni interessate dalle carenze. La Piattaforma nazionale dovrà essere costituita entro 60 giorni dall’entrate in vigore della legge.
Il dibattito
Dopo un percorso complicato, in cui era intervenuta anche la Conferenza Stato-Regioni, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è detta consapevole che «c’è ancora molto da fare» e che quella intrapresa è la direzione giusta. Diversa la tesi della segretaria nazionale del Pd Elly Schlein: «Continueremo a difendere la sanità dai tagli e dalla privatizzazione strisciante», ha assicurato la leader dem nel far notare che il decreto è stato proposto «a quattro giorni dalle elezioni».
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