Alta velocità, miraggio a Nord Est
Quarant’anni di inettitudine, formato binario. A dispetto di un iter iniziato nel 1991 e dei miliardi spesi, qui la Tav non arriverà mai
Quarant’anni di inettitudine, formato binario. 25 ottobre 1984: viene tenuta a battesimo la società Italferr sis.tav, con l’obiettivo di dare al Paese una rete di treni ad alta velocità.
18 dicembre 2024: a San Giorgio in Salici, frazione di Sona nel Veronese, viene abbattuto in pompa magna l’ultimo diaframma di una galleria che porta in Veneto quel che resta della fu-alta velocità, nel frattempo ridimensionata ad alta capacità (con riduzione della velocità massima dei convogli passeggeri e merci).
Naturalmente, questo non significa passare dalla teoria alla pratica: perché i primi treni circolino a Nord Est ci vorranno un paio d’anni per arrivare a Vicenza, e cinque per raggiungere Padova.
Quella dell’alta velocità è una storia infinita raccontata alla veneta, versione fiaba del sior Intento.
Un racconto che comincia nel 1991, quando viene decisa la parte italiana del collegamento ferroviario continentale tra Lisbona e Kiev: ingresso a Torino e uscita a Trieste, anche con l’obiettivo di alleggerire la pianura Padana dai 4 milioni di camion l’anno che vi transitano.
Un piano incluso dall’Unione Europea in un elenco di 14 progetti prioritari. Alla faccia delle priorità: mentre a Nord Ovest i cantieri tra Alpi e Torino sono ancora aperti (termineranno nel 2033…), a Nord Est il tratto tra Milano e Verona è stato avviato nel 2007, per arrivare a Brescia nel 2016, e per aprirsi il varco con il Veneto solo qualche giorno fa.
Ora i lavori sono progettati fino a Vicenza: dove per mettersi d’accordo sul tracciato dei sei chilometri di attraversamento della città ci sono voluti una trentina d’anni di feroci scontri interni.
Ultima in lista Padova: dove finalmente la linea si ricongiungerà al moncherino esistente fino a Mestre, rimasto finora appeso nel vuoto; servito nel 2007 per una fastosa e festosa inaugurazione presieduta dall’allora governatore del Veneto, per l’occasione travestito da capostazione.
Ma a quel punto, la Tav originaria deraglierà una volta per tutte. È morto e sepolto il progetto originario, che ne prevedeva la prosecuzione fino a Trieste.
Anche qui, i progetti da Venezia in poi sono stati sfornati in misura inversamente proporzionale ai binari: a un certo punto un genio della politica lanciò perfino la proposta di utilizzare il tracciato dell’alta velocità per permettere ai turisti di andare a fare il bagno a Jesolo.
È stata di fatto derubricata l’ipotesi alternativa e riduttiva di un semplice ammodernamento che consentisse una modesta velocizzazione della fragile struttura esistente: oggi per percorrere in treno i 115 chilometri tra Trieste e Venezia ci vogliono in media 2 ore e 21 minuti.
Il risultato è netto quanto sconfortante. La vera alta velocità ferroviaria, o alta capacità che dir si voglia, il Nord Est non l’avrà mai: addio raccordo con l’Europa, ci sarà solamente una linea con più convogli e più veloci di qualche manciata di minuti; ma tutta e solo interna al corridoio Italia, cortile veneto-friulano.
A questo si è ridotta una fu-grande opera, varata ufficialmente nel 1991, andata avanti a singhiozzo, e lievitata alla grande nei costi: a oggi, 12 miliardi e mezzo per i soli 237 chilometri tra Milano e Venezia, come dire 45 milioni a chilometro; per guadagnare una decina di minuti…
E comunque con un mesto avviso per i contribuenti che pagano il conto: non si illudano, alla fine non saranno soddisfatti, tanto meno rimborsati.
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