Firenze e Bologna fanno sistema. Padova, Venezia e Treviso le imitino

A trarne benefici e a vedere moltiplicate le prerogative sarebbe la funzionalità d’area

Paolo CostaPaolo Costa
I treni ad alta velocità collegano Bologna e Firenze da 15 anni
I treni ad alta velocità collegano Bologna e Firenze da 15 anni

Bologna e Firenze, distanti tra loro un’ottantina di chilometri in gran parte di montagna – peraltro da poco servite dalla Variante di valico dell’autostrada del Sole – sono ormai da 15 anni unite dall’Alta velocità ferroviaria che le collega in soli 37 minuti. Ne occorrono 27 per raggiungere Padova da Venezia, che di chilometri ne dista solo la metà.

L’alleanza tra Bologna e Firenze

Non si può non pensare a questi fatti mentre si legge dell’«Alleanza tra Bologna e Firenze» che i due sindaci metropolitani, Sara Funaro per Firenze e Matteo Lepore per Bologna, hanno reso operativa l’altro giorno, in una riunione congiunta delle rispettive giunte municipali.

Le cronache dicono che, per il momento, hanno affrontato i temi, e i problemi, dell’«abitare, dei centri storici, della cultura e della partecipazione e decentramento».

Ma sullo sfondo echeggiano le parole del sindaco Lepore: «Bologna e Firenze insieme hanno un valore aggiunto pari alla città di Milano o alla città di Roma». Ne ha ben d’onde; perché Bologna e Firenze sono le sole aree metropolitane italiane di crescita delle attività innovative sia industriali sia terziarie nello scorso decennio e perché l’area metropolitana di Bologna è la più performante in Italia negli ultimi anni ( è il solo polo urbano che, con Roma, ha mantenuto una crescita demografica superiore alla media nazionale; Bologna precede Milano negli indici europei di innovazione e attrazione metropolitana).

La nuova scienza delle città

In più, le parole di Lepore richiamano una convinzione acquisita dai più acuti analisti urbani, i cultori della “nuova scienza delle città”, circa la rivoluzione in corso nelle maggiori città d’Europa e del mondo: la “scala”, la dimensione, delle città oggi ha un valore strategico.

Nell’urbanocene post-industriale (il nesso tra urbanizzazione si sta allentando nel mondo occidentale almeno dal 1970) le economie di agglomerazione – che attraggono le imprese innovative e trattengono le risorse umane talentuose sulle quali si fonda l’economia ad alta intensità di conoscenza che determinerà d’ora in avanti la nostra prosperità – sono tanto più potenti quanto più grande è l’organismo urbano che le esprime.

Attenzione! “Organismo urbano”, la città funzionale, non quella amministrativa, perché è questo, e solo questo il sistema “biologico” che si evolve come risultato dell’interazione tra imprese, tra famiglie, e tra imprese e famiglie, prodotta dal basso da una moltitudine di scelte di autorganizzazione.

Le imprese innovative che attraggono le, o sono attratte dalle, risorse umane di maggior talento, si autorganizzano scegliendo di operare – le più innovative di queste – in città di taglia di almeno un milione di abitanti nelle quali famiglie e imprese interagiscono sprigionando “forza generatrice” e “solidarietà organica”.

Firenze e Bologna (1,6 milioni la somma delle popolazioni delle due aree urbane funzionali) cercano con la loro alleanza di “creare” uno di quella decina di aggregati urbani di questo tipo dei quali ha bisogno l’Italia per rimanere sulla frontiera dell’innovazione tecnologica e difendere la propria competitività.

All’alleanza Bologna-Firenze vanno fatti i miglior auguri: avranno successo se riusciranno a moltiplicare gli effetti di interazione al di là di quelli affidati all’Alta velocità. È appena il caso di osservare che un processo analogo di “creazione” di un organismo urbano di queste dimensioni e capace di queste funzioni è al tempo stesso necessario e possibile nel Nord Est triveneto.

La Patreve

Ci riferiamo all’organismo urbano che si è andato autorganizzando nell’interazione tra Padova, Venezia e Treviso: un’area metropolitana funzionale ”tricentrica” di quasi 1,8 milioni di abitanti che sorpassa sia Bologna sia Firenze quanto a occupazione in attività innovative terziarie, mentre ne rimane di poco al di sotto in quelle industriali e che regista indici di innovazione metropolitana inferiore solo a Bologna, Milano e Roma e di attrattività metropolitana, superati anche solo da Firenze e Torino.

Una area metropolitana “tricentrica” che non deve superare montagne per aumentare le interazioni generative e solidali e che un intelligente rilancio del cuore dell’Sfmr, il sistema ferroviario metropolitano regionale, organizzerebbe utilmente in modo da rendere compatibile una maggior densità di interazione tra imprese con una più vivibile densità residenziale.

Anche su quest’area metropolitana si era firmata (nel 2003) una alleanza tra i sindaci Giustina Destro, Padova, Giancarlo Gentilini, Treviso e chi scrive per Venezia. L’Alleanza aveva prodotto anche una riunione entusiasta, tenutasi a Mira, di un gran numero di sindaci delle tre province coinvolte. Purtroppo un ukaze dell’allora prefetto di Venezia intervenne a dichiarare fuori legge quella iniziativa. Poi più niente, salvo il lodevole sforzo confindustriale che ha vestito dei confini della metropoli tricentrica la propria organizzazione.

Forse è arrivato il momento che chi di dovere riprenda il processo. Forse nel 2003 era troppo presto. Attenzione che nel 2025 non diventi troppo tardi. —

 

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