Le risposte che aspettano le aziende

La partita più importante è quella dell’attrattività del territorio nei confronti dei lavoratori, soprattutto giovani, con tanti neolaureati che vanno via

Luca PianaLuca Piana

Con i meritati applausi per il presidente uscente Leopoldo Destro, si è aperta ieri una nuova importante fase per Confindustria Veneto Est, l’associazione di imprenditori nata con l’obiettivo di far pesare sui tavoli della politica nazionale le necessità del Veneto e in generale del Nord Est più di quanto sia accaduto finora.

Partita ufficialmente il primo gennaio 2023 con l’unione delle due associazioni che in precedenza rappresentavano gli industriali di Padova e Treviso da una parte e quelli di Venezia e Rovigo dall’altra, Confindustria Veneto Est ha superato la sua prima difficile prova tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera scorsa, nel percorso un po’ barocco che regola l’elezione del presidente nazionale. Le rivalità che hanno sempre contraddistinto i diversi territori sono riaffiorate presto, quando è stata accantonata l’idea di un candidato veneto, per poi detonare al momento della conta sui nomi che erano rimasti in corsa.

Lavorando in silenzio Destro è riuscito a tenere unita l’associazione, che ne è uscita con due incarichi di peso: la vicepresidenza della Confindustria nazionale per Vincenzo Marinese e la delega ai trasporti e alle infrastrutture per lo stesso Destro. Il successo nell’opera di ricomponimento è evidente soprattutto se si guarda a che cosa è accaduto dopo, a inizio settembre, quando la candidatura di Paola Carron alla presidenza di Veneto Est è filata liscia, con il voto unanime del consiglio generale. Un ottimo inizio, per una presidente che è attesa a compiti non facile e che ieri, nell’assemblea che ha ratificato l’incarico, è stata accolta da una presenza record di oltre 2.500 imprenditori, la metà delle imprese iscritte.

I fronti su cui dovrà misurarsi la nuova presidente sono numerosi, sia a livello nazionale che sul territorio. Nella manovra economica che il parlamento sta esaminando, per lo sviluppo delle imprese c’è pochissimo e, pur nella constatazione che gli spazi di manovra sono quasi inesistenti, gli imprenditori hanno visto finora poca chiarezza sulle poche misure per il rilancio dell’industria.

 

Per limitarsi a un esempio, i 6,3 miliardi di incentivi di Transizione 5.0 verso il digitale e la riduzione della bolletta elettrica sono pressoché inutilizzati perché, come ha spiegato giovedì sera al nostro evento Top 500 di Padova il fondatore della Unox, Enrico Franzolin, la complessità delle norme fa temere che, a investimenti fatti, il Fisco arrivi a bussare chiedendo indietro i soldi, con tanto di penali.

È lecito aspettarsi che Paola Carron, che non ha giocato un ruolo nell’elezione di Emanuele Orsini alla presidenza della Confindustria nazionale, abbia le mani libere nel sollevare problemi come questi, in modo che la voce degli imprenditori arrivi in maniera ancora più chiara a Palazzo Chigi.

Se si guarda invece al Veneto, la partita più importante, è quella dell’attrattività del territorio nei confronti dei lavoratori, soprattutto giovani, con tanti neolaureati che vanno via, nonostante le tante eccellenze industriali presenti in regione. Sabato il tema è stato affrontato da Carron con grande chiarezza, e questo è un buon segnale. Ma per tradurlo in fatti concreti sarà necessario lavorare in profondità, sulle imprese, sul ruolo delle istituzioni, sul rapporto con le scuole di formazione e con le università. Passa con ogni probabilità da qui, da un salto verso l’economia della conoscenza, la possibilità di invertire una tendenza che preoccupa tutti.

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