Meccatronica ed edilizia a corto di personale: lavoratori reclutati dal Maghreb
Report della Fondazione Moressa: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna arruolano 2500 unità tra Tunisia e Marocco per due comparti che pesano quasi il venti per cento degli occupati
Fatti, non parole. All’alluvione di polemiche quasi sempre strumentali sull’immigrazione, il Veneto oppone una risposta di assoluta concretezza: importare manodopera straniera al di fuori dei numeri previsti dal decreto-flussi (comunque del tutto inadeguato rispetto alla domanda delle aziende), dopo un percorso specifico di formazione professionale, linguistica e civica fatto nei Paesi di origine. Partendo con 2500 persone, reclutate tra Tunisia e Marocco, da impiegare nei comparti della meccatronica e dell’edilizia: un progetto che coinvolge altre due regioni, la Lombardia e l’Emilia-Romagna.
L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio, previsto dall’Unione Europa con uno stanziamento di 8,6 milioni, dichiaratamente contro l’inverno demografico in atto in tutto l’Occidente (Italia in testa), che provoca e provocherà sempre di più carenza di manodopera locale: si stima che nel 2026, come dire domani, il nostro Paese avrà 630mila addetti in meno nel sistema produttivo. Da qui l’idea di attingere al serbatoio fornito dall’area del Nord Africa, “in modo rispettoso dei diritti dei lavoratori migranti ed efficace sul mercato del lavoro”.
Edilizia e meccatronica
Entra nel merito del progetto un report della veneziana Fondazione Leone Moressa, centro di ricerca che si occupa dell’impatto specie economico della presenza degli stranieri in Italia. L’analisi parte dall’ormai cronica difficoltà da parte delle imprese di coprire i posti di lavoro necessari, con particolare riguardo in Veneto, Emilia e Lombardia per i settori dell’edilizia e della meccatronica, per i quali è previsto oltretutto un incremento della domanda nei prossimi cinque anni.
Attualmente in Veneto i marocchini sono la seconda comunità straniera presente, con 46 mila unità, mentre i tunisini sono la ventesima con 5 mila, impiegati soprattutto come operai. Perché puntare su nuovi ingressi per i due comparti indicati?
La meccatronica in quella regione coinvolge circa 13 mila unità locali, l’edilizia oltre 51 mila. La prima in particolare ha una produttività molto elevata, rappresentando il 9 per degli occupati in Veneto (156 mila), e contribuendo per il 13 per cento al valore aggiunto regionale; ma anche l’edilizia ha il suo peso, con l’8 per cento degli occupati (136 mila).
E tuttavia, i numeri odierni sono insufficienti. In generale, spiega il report Moressa, considerando che il 25 per cento degli occupati in Italia oggi ha almeno 55 anni, si può ipotizzare che nei prossimi anni la richiesta di manodopera sarà sempre maggiore e, di conseguenza, anche quella di manodopera immigrata. La meccatronica in particolare avrà necessità da qui al 2028 di una quota compresa tra i 98mila e i 129mila occupati, l’edilizia tra i 263mila e i 290mila; dunque cifre consistenti a livello nazionale.
La formazione professionale
In rapporto al vistoso calo dei nuovi nati italiani, diventa di conseguenza indispensabile poter attingere a contributi esterni, lavorando per dare vita a ingressi regolari, e adeguati alle richieste del mercato del lavoro; che significa dedicare un’attenzione specifica all’integrazione dei nuovi arrivati. Da qui la centralità di accompagnare il reclutamento di manodopera con un’azione specifica di formazione prima di tutto professionale per acquisire le necessarie competenze lavorative, ma poi anche di conoscenza di base della lingua italiana e dell’educazione civica.
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