Albania, il premier punta sull’oro nero: «Scoperto greggio di qualità araba»

Dopo il boom della stagione turistica, con il quasi tutto esaurito sulle coste – un fenomeno trainato anche dai vacanzieri italiani – emerge una nuova speranza per lo sviluppo economico. Legata ai petrodollari. Sarà insomma ricordata forse come un’estate eccezionale, questa del 2023, in Albania, un Paese che potrebbe trasformarsi nella “Norvegia dei Balcani”, piuttosto che nella “Arabia Saudita dell’Adriatico”. Sembrano di certo parallelismi molto arditi, ma si tratta di quanto ha suggerito lo stesso premier albanese Edi Rama, annunciando la scoperta nei campi petroliferi Shpirag, nell’area di Berat (geograficamente al centro del Paese), di greggio di altissima qualità e in grande quantità che porterà «una straordinaria ricchezza» a Tirana.
A Shpirag dunque «è stata compiuta una importante scoperta a 6,1 chilometri di profondità», del valore di svariate decine «di milioni di dollari all’anno: una promessa per l’Albania e gli albanesi». Queste le parole di Rama che fanno riferimento a ricerche durate quasi un decennio a cinque chilometri da Berat, una «esplorazione difficile resa possibile solo da massicci investimenti per “rompere” gli strati di rocce» in profondità e raggiungere i giacimenti, ha spiegato ancora il leader albanese.
A guidare le ricerche è stata la Shell, che ha analizzato i campioni ritrovati nei campi Shpirag: i test preliminari hanno svelato che in profondità si troverebbe petrolio «della stessa qualità di quello premium dell’Arabia Saudita», ha reso noto Rama. Petrolio che nei prossimi anni, secondo i piani di Tirana e della multinazionale con quartier generale a Londra, sarà portato in superficie attraverso quindici pozzi di estrazione.
E il valore del greggio albanese potrebbe essere enorme. Secondo alcune stime attuali si parla infatti di sette miliardi di euro di investimenti della Shell nelle riserve racchiuse nel sottosuolo, una cifra che fa intuire che i ricavi saranno di portata molto più elevata. Senza contare poi l’impatto sul mercato del lavoro, con i tanti addetti all’estrazione che troveranno occupazione: e qui si parla, solo per l’inizio della produzione, di più di cinquemila operai e impiegati con prospettive di lavoro fisso e sicuro.
Si stanno così concretizzando le speranze e i sogni già evocati da Tirana negli anni scorsi. Fra tutti, quelli della ministra delle Infrastrutture e dell’Energia, Belinda Balluku, che già nel 2022 aveva assicurato che i primi riscontri dalle profondità di Shpirag facevano ben sperare. E credere che l’Albania diventerà, nei decenni futuri, uno dei maggiori produttori in Europa «di petrolio e gas», altro elemento essenziale che sarebbe estraibile dai pozzi di Berat. Ma anche Shell, ancora nel 2019, si era detta certa del «potenziale» dei giacimenti di Shpirga, esplorati già intorno al 2000 ma poi erroneamente abbandonati, con possibilità di estrazione «da svariate migliaia di barili al giorno».
Barili che non saranno poi spediti all’estero per sottoporre a lavorazione la preziosa materia prima. L’idea di Tirana - a quanto sta emergendo in questi giorni - è infatti quella di creare una infrastruttura capace non solo di estrarre, ma anche di raffinare il petrolio, gettando così le fondamenta di una vera e propria industria dell’oro nero in Albania.
Il Paese mira così a fare concorrenza ai Paesi balcanici che già da decenni sfruttano il petrolio. Tra questi il più importante è sicuramente la Romania, dove l’industria è florida da oltre un secolo e si estraggono tra i 4 e i 5 milioni di barili all’anno. Molto staccate, si trovano la Croazia e la Serbia (a quota circa 300-500mila barili), mentre in Bosnia-Erzegovina e in Montenegro da anni ormai si mira a sviluppare l’industria estrattiva, su terra o in mare: ma i risultati, almeno per ora, tardano ad arrivare.
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