Amnesty contro la Serbia di Vučić: «Giornalisti e attivisti spiati»
Il rapporto “Prigione digitale” dell’organizzazione fa riferimento a una campagna segreta e illegale
È uno dei Paesi-chiave per la stabilità e il futuro dei Balcani e ha come obiettivo strategico l’adesione all’Unione europea, anche se è da anni sotto la lente dell’Occidente soprattutto per i suoi controversi legami con Russia e Cina, oltre che per i sospetti sulla fragile salute della sua democrazia. Democrazia che, tuttavia, potrebbe essere molto più malata di quello che sembri.
Il rapporto di Amnesty
È quanto ha suggerito l’autorevole Amnesty International (Ai), che ha messo ieri nel mirino la Serbia del presidente Vučić con un esplosivo rapporto che delinea scenari russi o stile Budapest di Orban per un Paese balcanico che sarebbe, per Amnesty, una «Prigione digitale», l’esplicativo titolo dello studio. Studio che ha sostenuto che «la polizia e l’intelligence» di Belgrado avrebbero usato «avanzate tecnologie di spyware su telefonini» per monitorare e spiare «giornalisti, attivisti per l’ambiente e altre persone» in una vasta «campagna di sorveglianza» segreta. E illegale. Di cosa si parla? Non di intercettazioni vecchio stile, ma di sistemi molto avanzati che Belgrado starebbe utilizzando per sorvegliare persone sgradite al sistema. Tra questi, il software israeliano “Cellebrite” e il sistema “NoviSpy”. Cellebrite, ha spiegato Amnesty, è un software largamente usato da agenzie governative e forze dell’ordine in giro per il mondo e permette di «estrarre dati da un gran numero di dispositivi cellulari» Android e iOS, «senza immettere la password» del proprietario. La tecnologia è stata donata alla Serbia dalla Norvegia nel 2019 come “arma” per combattere il crimine organizzato – ma non la società civile.
La cattura di dati sensibili
NoviSpy è invece capace di «catturare dati sensibili» e offre anche la possibilità di «trasformare da remoto un telefonino in un microfono o in una telecamera», senza che chi lo usa possa accorgersene. Cellebrite e NoviSpy che sarebbero stati usati in Serbia in modo del tutto irregolare. L’esempio più inquietante è avvenuto nel febbraio scorso, quando il giornalista indipendente Slaviša Milanov era stato fermato con il pretesto di aver guidato sotto influsso dell’alcol. Amnesty ha confermato i sospetti di Milanov, svelando che il cellulare del giornalista, durate il fermo di polizia, era stato «sbloccato” segretamente e «infettato con NoviSpy». La stessa cosa sarebbe successa anche all’attivista Nikola Ristic e «la tecnica» sarebbe stata «largamente usata dalle autorità» anche contro altri cittadini. Fra questi, un «attivista di Krokodil, organizzazione che promuove dialogo e riconciliazione nei Balcani», preso di mira durante un colloquio «alla Bia», i servizi di sicurezza di Belgrado. «La mia privacy è stata invasa, ciò mi ha provocato enorme ansietà, un senso di panico», ha denunciato anche un altro attivista, Aleksandar, in questo caso spiato con il potente Pegasus, tecnologia usata in Ungheria contro giornalisti.
La lista degli spiati
Ma la lista degli spiati sarebbe molto più lunga, con Amnesty che ha ricevuto almeno tredici denunce del genere di «spiati direttamente». Non sarebbero casi isolati o “incidenti” di percorso. «La nostra indagine svela che le autorità serbe hanno usato tecnologia di sorveglianza e tattiche di repressione digitale come strumenti di controllo e di repressione contro la società civile», ha denunciato Dinushika Dissanayake, numero due di Ai in Europa, mentre politologi e opposizione hanno parlato di rapporto allarmante. Il contenuto del rapporto è «assurdo» e Amnesty «lavora per certi gruppi di interesse», la replica della Bia, che ha assicurato, come anche la polizia, che l’agenzia lavora «nel rispetto della legge». Ma il caso farà ancora a lungo discutere. —
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