Balcani occidentali nell’Ue, Kos: «Al massimo tre Paesi nel 2030»
La commissaria all’Allargamento: «Niente sconti, si procederà per merito». Il Montenegro in pole
A che punto è la notte? Ancora profonda, malgrado le rinnovate promesse di Bruxelles e gli appelli di personalità di peso, come l’ex presidente sloveno, Borut Pahor, ultimo in ordine di tempo a chiedere un’accelerazione significativa all’allargamento. E appaiono lontani anche gli auspici dell’ormai ex presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, per un inglobamento dei Balcani occidentali intorno al 2030.
La commissaria
Accelerazione del processo di allargamento dell’Unione europea ai Balcani occidentali che ci sarà, ma riguarderà solo un pugno dei Paesi ora in corsa per l’adesione, mentre i tempi non saranno certamente brevi. E non ci saranno assolutamente scorciatoie, neppure per ragioni geopolitiche, bensì prevarrà ancora ed esclusivamente il «principio del merito». È la strada confermata dalla nuova commissaria Ue all’Allargamento, la slovena Marta Kos, che in un’audizione all’Europarlamento, questa settimana, ha fatto il punto su una delle priorità, sulla carta, del gabinetto von der Leyen 2. «Per la prima volta negli ultimi dieci anni c’è la prospettiva realistica» che l’Ue si allarghi, accogliendo nuovi membri, ha così detto con enfasi Kos, anticipando che, se i Paesi balcanici faranno i “compiti” richiesti, «si potranno vedere più progressi durante la presidenza polacca» della Ue, in corso da gennaio a giugno, che «nel corso degli ultimi dieci anni». Ma chi ha veramente delle chance di innalzare la bandiera blu a dodici stelle e quando? Impossibile solo sperare di vedere, al 2030, tutti i Balcani inseriti nel club europeo che più conta, dato che lo scenario concreto, «per come la vedo, è di portare uno, due, tre Paesi sulla linea d’arrivo» durante il mandato della Commissione, ha così sentenziato Kos.
I Paesi
Quali sono quelli che hanno le chance maggiori? Il Montenegro, già oggi in pole nei negoziati, e l’Albania, che vuole bruciare le tappe, si sono dati «l’altamente ambizioso obiettivo» di chiudere tutti i capitoli negoziali tra 2026 e 2027 e potrebbero farcela, ha suggerito Kos, aggiungendo che anche la Serbia potrebbe avere qualche chance di fare passi avanti. Ieri, a Podgorica, la commissaria ha confermato il quadro positivo, almeno per Podgorica, che ha buone possibilità di diventare il prossimo Stato membro Ue, un risultato comunque storico.
Solo un terzetto
Ma oltre al terzetto, il vuoto. Questo perché, ha ricordato Kos all’Eurocamera, l’aggressione russa all’Ucraina, dopo anni di totale stallo, ha in effetti «aperto una finestra di opportunità» per quanto riguarda l’ingresso di nuovi Stati membri. Ma l’Ue non vuole fare «sconti» per ragioni geopolitiche. Si andrà invece avanti solo esaminando i «risultati» sulle riforme dei Paesi candidati sul rispetto «dello stato di diritto e dei valori fondamentali» da parte delle capitali balcaniche, ma anche di Ucraina e Moldova. Qualcosa su questo fronte si dovrebbe vedere a breve, ha svelato sempre Kos, specificando di attendersi l’apertura di uno o due cluster negoziali tra Ue, Kiev e Chisinau e l’accertamento di progressi significativi in alcuni Paesi dei Balcani occidentali.
Merito: la pietra angolare
Stato di diritto e diritti fondamentali che devono diventare la «spina dorsale» dei negoziati d’adesione al posto di economia e investimenti, ha fatto eco pure Tonino Picula, europarlamentare e “rapporteur” per la Serbia all’Eurocamera. Che ha confermato che «il principio del merito» deve essere la seconda pietra angolare. Ma anche ha ricordato, ad esempio, i coraggiosi sforzi fatti dalla Macedonia del Nord per procedere verso la Ue – e Skopje, malgrado tutto, viene ancora lasciata al palo. —
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