Bosnia, la preoccupazione della Nato: «Influenza maligna dalla Russia»

BELGRADO. Un allarme sulla tenuta della Bosnia-Erzegovina, fiaccata dalle pulsioni secessionistiche dei serbo-bosniaci, appoggiati da Mosca. E un avvertimento sul Kosovo, questione-chiave da risolvere attraverso il dialogo con Belgrado, con la Nato tuttavia sempre pronta a intervenire per garantire, in caso di nuove escalation.
È iniziato andando al nocciolo delle questioni-chiave nei Balcani il mini-tour del Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dall’altra sera nella regione per un viaggio con tappe a Sarajevo, Pristina, Belgrado e Skopje, trasferta organizzata principalmente per sottolineare quanto i Balcani rimangano prioritari per l’Alleanza e quanto seriamente vengano prese le minacce destabilizzanti che la riguardano. Minacce come quella russa, di cui Stoltenberg ha parlato non a caso nella prima tappa del percorso, in quella Bosnia divisa, dove metà leadership politica ambisce all’ingresso nella Nato mentre l’altra rigetta l’idea, coltivando sempre più stretti rapporti con il Cremlino. «Siamo preoccupati», ha così sottolineato ieri Stoltenberg dopo aver incontrato il Gotha della politica bosniaca, «dalla retorica secessionistica e divisiva»: un esplicito riferimento alle mosse di Milorad Dodik, presidente serbo-bosniaco che a più riprese ha evocato la secessione. Non a caso, il numero uno della Nato, alla lista delle preoccupazioni, ha aggiunto subito dopo quella per la «influenza maligna dalla Russia», con Dodik che sente l’appoggio di Mosca nelle sue provocazioni. Si tratta di una combinazione che «mina la stabilità e minaccia le riforme», ha avvertito il numero uno della Nato.
Le parole di Stoltenberg arrivano - sempre non a caso - dopo che nei giorni scorsi il presidente ucraino Zelensky aveva lanciato un avvertimento un po’ a sorpresa. «Credetemi, fate attenzione ai Balcani», aveva detto, aggiungendo che Kiev starebbe «ricevendo informazioni» credibili circa «piani sul lungo periodo» sviluppati da Mosca per far deflagrare una nuova crisi nella regione, «deviando l’attenzione» dall’Ucraina.
Anche senza la longa manus di Mosca, tuttavia, problemi endemici e crisi complicate continuano a interessare la Bosnia. Fra i punti caldi, proprio la Nato. Parlamento, governo, presidenza tripartita e forze armate «porteranno avanti tutte le attività necessarie per l’ingresso nella Nato», ha affermato per esempio ieri il membro bosgnacco della presidenza tripartita, Denis Becirović, dopo aver visto Stoltelnberg. «Non c’è accordo sull’ingresso» della Bosnia nella Nato e difficilmente ci sarà mai, per l’opposizione serbo-bosniaca, l’ha tuttavia contraddetto il membro serbo della presidenza, vicinissima a Dodik, Zeljka Cvijanović.
Chi vuole invece con tutto il cuore entrare nella Nato è il Kosovo, visitato nel pomeriggio da Stoltenberg, che anche lì ha posto l’accento sul ruolo dell’Alleanza nel «prevenire» nuovi conflitti nei Balcani. Gli attacchi dei mesi scorsi sono stati «inaccettabili», ha commentato a Pristina Stoltenberg, che ha ricordato che la Nato ha inviato «armi più pesanti e rinforzi» record in Kosovo, ma non ha risposto a una domanda su un possibile ruolo russo nell’escalation nel nord. «Faremo quanto necessario» per garantire la pace in Kosovo, ha però promesso, ricordando che la via della stabilizzazione è però quella «del dialogo». Che, per ora, rimane in stallo.
Ma di questo Stoltenberg parlerà martedì a Belgrado, con il presidente Aleksandar Vučić.
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