Bucarest torna a reclamare la restituzione delle riserve auree spedite in Russia nel 1916

Il tesoro fu affidato a Mosca durante la Grande guerra per poi essere ripreso. Ma la Rivoluzione cambiò gli scenari
Stefano Giantin
Una foto della Banca nazionale rumena, apparsa accanto a uno scritto del governatore dell’Istituto
Una foto della Banca nazionale rumena, apparsa accanto a uno scritto del governatore dell’Istituto

BUCAREST. Una tenzone lunga più di cent’anni, che ora si riapre coinvolgendo anche l’Europa. E che rischia di esacerbare ancora di più i rapporti tra Ue e Russia, ora apertamente accusata quantomeno di appropriazione indebita di tonnellate d’oro. Oro e altri preziosi che appartenevano – o meglio appartengono, secondo Bucarest – alla Romania. Parliamo delle riserve auree del Paese che furono spedite nella Russia zarista durante la Prima guerra mondiale, per poi venire di fatto confiscate da Mosca con la salita al potere dei bolscevichi, nel 1917.

Restituita una parte

Qualcosa, molto poco, venne restituito a Bucarest nel 1935 e poi ancora nel 1956, ma l’oro parte del tesoro nazionale romeno – si parla di oltre 90 tonnellate - resta in Russia, più di un secolo dopo. Mosca restituisca tutto, una volta per tutte: è questo l’appello-denuncia lanciato in questi giorni dall’Europarlamento, che ha votato a favore di una risoluzione bipartisan – proposta dall’eurodeputato romeno Eugen Tomac, con l’appoggio della Banca nazionale di Bucarest e il sostegno di tutti i maggiori gruppi politici dell’Eurocamera.

La spiegazione del governatore

Ma come finì l’oro romeno, a Mosca? A spiegarlo è stato Mugur Isarescu, attuale governatore della Banca nazionale romena, che ha ricordato che la Romania entrò in guerra solo nell’agosto del 1916, a fianco dell’Entente e contro gli Imperi centrali. Siccome la situazione bellica era, nell’estate del secondo anno di conflitto, ancora aperta e «la posizione della Romania difficile», Bucarest decise di chiedere aiuto all'alleato russo, mentre gli eserciti nemici avanzavano conquistando suoi territori «minacciando di occupare l’intero Paese». La Banca di Romania stabilì allora di spedire il più lontano possibile, in treno, i suoi preziosi, fidandosi anche dei rapporti d’amicizia e familiari tra i reali romeni e la famiglia imperiale russa – la Regina Maria era prima cugina dello zar Nicola II. Furono così organizzate «due spedizioni», per trasferire «91,5 tonnellate di oro in monete e lingotti, i gioielli della regina e altri oggetti di grande valore storico e culturale». Per sicurezza, «rappresentanti dei governi russo e romeno firmarono dei protocolli, che stabilivano che l’oro apparteneva alla Banca nazionale romena» e impegnavano Mosca a «restituire» il malloppo a guerra finita.

La confisca del denaro

Ma l’anno successivo la Rivoluzione russa scompigliò le carte: il tesoro «fu confiscato», ha ricordato Isarescu. «L’oro della Romania oggi a Mosca non appartiene più all’oligarchia romena», stabilì lo stesso Lenin, promettendo che sarebbe stato riconsegnato esclusivamente «nelle mani del popolo romeno». Che, tuttavia, ancora aspetta. Solo qualche oggetto prezioso ha trovato la via di casa, mentre l’oro nazionale rimane una chimera, malgrado una commissione bilaterale sia stata creata già nel 2003 per lavorare sul tema e trovare una soluzione. Negli ultimi decenni però nulla si è mosso. E la guerra in Ucraina, sicuramente, non aiuta.

Spunta un’alleato prezioso

Ora tuttavia Bucarest ha un alleato prezioso. «La Commissione» europea e tutti gli uffici Ue si mobilitino «per includere il tesoro nazionale romeno» nella lista delle priorità europee, ha chiesto l’Eurocamera nella risoluzione, stabilendo che si tratta di un tema di estrema importanza, riguardante un bene «illegalmente incamerato dalla Russia». Si tratta «di un voto storico» che riporta d’attualità una questione «di dignità nazionale» per la Romania ma anche per tutta la Ue, ha commentato Tomac, assicurando che Bucarest vuole – e subito – «la completa restituzione delle 91,5 tonnellate d’oro». Mosca per ora tace.

Riproduzione riservata © il Nord Est