Crisi tra Bosnia e Turchia per uno spettacolo, il teatro nazionale di Sarajevo: «L’arte deve rimanere libera»
Proteste ufficiali dell’ambasciata di Ankara a Sarajevo per la pièce “Six against Turkey” sull’espulsione dal Kosovo di sei uomini vicini a un oppositore di Erdogan

Rapporti bilaterali stretti e privilegiati che vengono rimessi in gioco all’improvviso. Da uno spettacolo teatrale. Accade nel cuore dei Balcani, sull’asse tra Bosnia-Erzegovina e la Turchia di Erdoğan, potenza storicamente vicinissima e amica di Sarajevo, ma ora su tutte le furie per un presunto atto di lesa maestà.
Atto che risponde al nome di “Six against Turkey” (Sei contro la Turchia), celebre pièce teatrale scritta dall’artista kosovaro Jeton Neziraj, autorevole intellettuale definito «il Kafka dei Balcani».
La rappresentazione, spiega la sinossi dello spettacolo, parte da un fatto di cronaca, «l’arresto e la deportazione di sei maestri turchi dal Kosovo nel 2018», con la spiegazione che sarebbero stati «una minaccia alla sicurezza nazionale».
In realtà, i sei – da qui il titolo della pièce – sarebbero entrati del mirino di Pristina, su pressione di Ankara, per presunti collegamenti con Fethullah Gülen, nemesi di Erdoğan.

Quando le Tv «mandarono in onda l’arresto dei sei turchi, la gente» in Kosovo si chiese «legittimamente come fosse stato possibile un sequestro in stile mafioso in un Paese che si dice democratico», ha spiegato l’autore, sottolineando che “Six against Turkey” è anche e soprattutto la storia di cosa è diventata la Turchia sotto Erdoğan e di come la longa manus di «regimi oppressivi» arrivi anche a migliaia di chilometri di distanza. L’autoritarismo, infatti, «non è un’isola, ma ha la tendenza a essere copiato e importato», come è accaduto col fascismo.
Six against Turkey, dunque, non poteva piacere ad Ankara. Lo si è visto proprio a Sarajevo, dove lo spettacolo “Šestorica protiv Turske”, in programma in questi giorni al Teatro Nazionale di Sarajevo (Nps), ha scatenato l’ira della Turchia, che ha chiesto formalmente «la cancellazione» della pièce dalla programmazione.
Le foto che annunciavano lo spettacolo mostrano i volti «del presidente della Turchia e del leader del Feto, Fethullah Gülen, suggerendo che si tratta di propaganda anti-turca» contro Erdoğan, ha attaccato l’ambasciata di Ankara a Sarajevo, citata dai media locali. Che ha poi suggerito che «le amichevoli relazioni» tra i due Paesi rendono ancora più «inaccettabile» la messa in scena di una rappresentazione del genere.
La protesta formale di Ankara è arrivata al ministero degli Esteri della Bosnia-Erzegovina, ha svelato la Tv N1, mentre il direttore del Teatro Nazionale, Dino Mustafić, ha assicurato di «non aver ricevuto nulla» dall’ambasciata. Ma le pressioni, indubbiamente, ci sono state. Non sono però rimaste senza risposta.
Neziraj è «uno dei più famosi sceneggiatori kosovari», la regista Blerta Neziraj ha lavorato in mezza Europa, «inclusa Losanna, Milano, Amburgo, Lione, Berna» e pure «a New York», ha così replicato il Teatro Nazionale di Sarajevo (Nps). Che ha poi giurato che si batterà «contro ogni forma di censura ideologica», perché «l’arte nelle società democratiche non deve avere restrizioni», malgrado le «pressioni politiche» ricevute.
Non tutti però la pensano così. Ha colpito infatti la presa di posizione di organizzazioni di reduci bosgnacchi e delle vittime e dei sopravvissuti della guerra, in testa le Madri di Srebrenica, che hanno ricordato che la Turchia è stata da sempre a fianco della Bosnia.
E hanno suggerito che lo spettacolo potrebbe «incitare all’odio e alle divisioni politiche, soprattutto in un momento in cui la Bosnia-Erzegovina ha bisogno di preservare la propria credibilità e stabilità internazionale».—
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