Elezioni in Serbia, il partito di Vučić senza rivali

Prime proiezioni, l’Sns del presidente schiaccia il cartello delle opposizioni: «Abbiamo la maggioranza assoluta»
Stefano Giantin
Aleksandar Vučić fuori dal seggio dove ha votato
Aleksandar Vučić fuori dal seggio dove ha votato

BELGRADO Previsioni della vigilia confermate, con un nuovo trionfo del Partito progressista (Sns) del presidente serbo Aleksandar Vučić, avviato verso la conquista della maggioranza assoluta in Parlamento. E la più importante coalizione di partiti d’opposizione praticamente doppiata. È questo l’esito, secondo proiezioni parziali non ufficiali ma molto autorevoli, delle elezioni parlamentari anticipate tenutesi ieri in Serbia, assieme al voto per le amministrative in 65 Comuni, compresa la capitale Belgrado, metropoli dove vive quasi un quinto della popolazione nazionale.

Secondo le prime proiezioni rese pubbliche in tarda serata dagli istituti di ricerca demografica Cesid e da Ipsos per la Tv pubblica serba, le elezioni hanno visto prevalere, com’era nelle attese, la coalizione “Aleksandar Vučić - La Serbia non si deve fermare”, che fa capo all’Sns di Vučić, leader che non correva per alcuna carica ma ha trasformato il voto in un referendum su sé stesso e la sua politica. Anche questa volta ha prevalso, con la sua coalizione di indirizzo conservator-populista, quotata intorno al 47% - più che nel 2022 - e di 129 su 250 seggi nel Parlamento serbo.

Vittoria schiacciante, quella dell’Sns, che era stata messa in dubbio alla vigilia del voto, a causa dei problemi che affliggono il Paese, tra cui l’alta inflazione; ma anche le stragi di maggio hanno avuto un loro impatto psicologico pesante su molti serbi, che hanno additato le autorità per avere di fatto sdoganato nell’ultimo decennio comportamenti di prevaricazione e violenza.

Ma la presa sul potere di Vučić e dei suoi appare al momento non scalfibile. «Abbiamo la maggioranza assoluta», le prime parole di Vučić in tarda serata. Al secondo posto, “Srbija protiv nasilija” (Spn), eterogenea coalizione «contro la violenza», creata in autunno edificando un movimento politico sulle massicce proteste di piazza che hanno interessato la Serbia dopo le stragi, manifestazioni presto trasformatesi in raduni anti-governativi. La maggiore coalizione di opposizione ha tendenze pro-Europa, ambientaliste e anti-corruzione, con venature di centro-sinistra e aveva promesso pugno duro contro corruzione e impegno per lo stato di diritto e il pluralismo. Secondo i dati Cesid-Ipsos, avrebbe toccato il 23% (64 seggi). L’Spn, assieme a osservatori terzi come il Crta e cittadini sui social, ha denunciato irregolarità nelle procedure di voto. Al terzo posto, con un po’ deludente 7% (19 seggi), la lista costruita attorno al Partito socialista (Sps), guidato dalla vecchia “volpe” della politica serba, l’attuale ministro degli Esteri Ivica Dačić che, visti i risultati della coalizione trainata dall’Sns, potrebbe teoricamente non servire per formare la nuova maggioranza. Entrerebbero in Parlamento anche i nazional-conservatori e filo-monarchici di Nada (13 seggi) e la lista Nestorović (13), mentre forti dubbi rimangono sul futuro di svariate formazioni minori, soprattutto di ultradestra, lontane dalla soglia di sbarramento del 3%.

Ma la cosa che appare certa – anche se dovrà essere confermata dai risultati ufficiali, oltre che da quelli su amministrative e Belgrado, in bilico tra Sns e Snp - è il nuovo trionfo di Vučić.

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