Non c’è l’accordo tra Fpö e Övp: l’Austria non avrà un cancelliere di estrema destra
Respinto l’ultimatum dei popolari, il sovranista Kickl ha rinunciato all’incarico. Possibile governo tecnico o di minoranza, ma non si escludono nuove elezioni

L’Austria non avrà un cancelliere di estrema destra. Almeno per ora. Le trattative in corso da oltre un mese tra l’Fpö (estrema destra sovranista) e Övp (partito popolare) si sono inceppate su temi ritenuti da entrambe le parti non negoziabili. Riguardano soprattutto la politica estera dell’Austria, i rapporti con l’Unione Europea, l’atteggiamento nei confronti della guerra in Ucraina e delle sanzioni alla Russia. Ovviamente c’è anche dell’altro: la concezione dello Stato di diritto, la libertà di informazione, l’indipendenza della magistratura.
Su questi temi le posizioni dell’Fpö assomigliano molto a quelle di Viktor Orban, che, non per caso, è stato il primo capo di governo straniero a essere ricevuto al Parlamento di Vienna, presieduto ora da un esponente dell’estrema destra. Dopo una settimana di battibecchi e insulti reciproci scambiati via social, la goccia che mercoledì 12 febbraio ha fatto traboccare il vaso è stato l’ultimatum inviato dall’Övp all’Fpö, con una serie di proposte per la composizione del nuovo governo. Prevedevano, tra l’altro, l’assegnazione al Partito popolare dei Ministeri delle Finanze e degli Interni, con scorporo dal secondo dell’agenda per l’immigrazione, da riservare all’Fpö. L’ultimatum scadeva alle 11 ed è stato respinto.
A questo punto la rottura era inevitabile. Nel primo pomeriggio Herbert Kickl, segretario dell’Fpö, ha comunicato la rinuncia all’incarico di formare il governo e ne ha dato comunicazione al Capo dello Stato, Alexander Van der Bellen. Quel che accadrà ora è impossibile da prevedere. La via più logica sarebbe quella di nuove elezioni. Ma non si escludono soluzioni diverse. Si ipotizza un governo tecnico o un governo di minoranza a guida Övp, con appoggio esterno di socialdemocratici (Spö) o Neos (liberali di centro), che da giorni avevano manifestato la loro disponibilità, pur di evitare all’Austria un cancelliere di estrema destra.
Per capire come si sia arrivati a questo punto, però, può essere utile riavvolgere il nastro e tornare ai risultati delle elezioni di settembre. L’Fpö è il primo partito, con il 28,82%. Il Capo dello Stato, però, non conferisce al suo leader Kickl l’incarico di formare il governo, dato che tutte le altre forze politiche si erano già dichiarate indisponibili a governare con l’Fpö. L’incarico, così, va a Karl Nehammer, cancelliere e segretario dell’Övp.
Il suo partito è secondo, con il 26,27%, ma il distacco dall’Fpö è minima. Nehammer accetta l’incarico e avvia immediatamente trattative con Spö e Neos, che però si trascinano faticosamente per tre mesi e alla fine si arenano, soprattutto per l’intransigenza dei socialdemocratici. Ai primi di gennaio Neos lascia il tavolo delle trattative e subito dopo anche gli altri due partiti gettano la spugna. Visto il fallimento, Nehammer si dimette dalla guida dell’Övp e persino dalla cancelleria, tanto che deve essere sostituito dal ministro degli Esteri, Alexander Schallenberg.
È a questo punto che l’Fpö ritorna in ballo. Van der Bellen assegna a Kickl l’incarico di formare il governo e questi trova la disponibilità a parteciparvi nell’Övp. È ben vero che anche l’Övp fino al giorno prima aveva escluso un’alleanza con l’estrema destra, ma l’uscita di scena di Nehammer e l’arrivo di un nuovo segretario, Christian Stocker, rende meno imbarazzante il voltafaccia. Tuttavia le ragioni di dissidio – ad alcune delle quali abbiamo fatto cenno sopra – permangono e, dopo quattro settimane di confronto, come abbiamo detto, hanno portano mercoledì 12 alla rottura.
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