Il nucleare russo si prende l’Ungheria: cominciati i lavori per la mega-centrale
Il colosso Rosatom conferma di aver iniziato la costruzione vicino all’esistente impianto di Paks: 12 miliardi di euro il costo

TRIESTE. Il conflitto in Ucraina infuria, la Russia è ormai diventata un paria in Europa, isolata e colpita da pesanti sanzioni. Ma sul fronte dell’energia un Paese Ue – nazione-chiave nelle dinamiche politiche nell’Europa centro-orientale e nei Balcani – decide di andare avanti malgrado tutto e mettersi completamente nelle mani del Cremlino, come già deciso nel 2014, quando Mosca veniva ancora ritenuta un alleato affidabile.
È l’Ungheria del premier Viktor Orban, che ha ormai rotto gli indugi dopo molti ritardi e sta premendo sull’acceleratore del progetto “Paks 2”, mega-centrale nucleare a traino russo – ma con anche tecnologia Ue, francese per la precisione – e finanziata da un maxi-prestito di Mosca a Budapest.
Che il dado sia tratto lo ha confermato la stessa Rosatom, colosso russo dell’energia nucleare, che ha reso noto in questi giorni che la sua controllata Atomostroyexport «ha iniziato a lavorare» alla fase di costruzione «di due nuove unità» nei pressi dell’esistente impianto di Paks, sul Danubio, a metà strada tra Budapest e il confine con Serbia e Croazia. Lavori che, nel giro di meno di un decennio, dovranno rendere operativi i due reattori VVER-1200 di terza generazione “made in Russia”, la versione più moderna dei quattro sovietici che, a Paks 1, dagli Anni Ottanta forniscono energia all’Ungheria.
Si tratta di vecchi reattori che hanno visto la loro vita prolungarsi fino al 2030, proprio a causa dei ritardi nella realizzazione di Paks 2, tentennamenti legati in particolare «all’opposizione della Ue» a un progetto controverso, ha ricordato l’agenzia Bloomberg.
Intanto si procede con i lavori di scavo nel sito che ospiterà i nuovi reattori, che dovrebbero durare fino all’autunno su un’area grande come quattro campi di calcio. Al sito lavoreranno «circa 10 mila operai», ha annunciato Atomstroyexport. È il risultato di un ultimo accordo tra Budapest e Mosca, raggiunto questo mese, un «contratto emendato per la costruzione» di Paks 2, ha spiegato il ministro degli Esteri magiaro Peter Szijjarto dopo un meeting con Alexey Likhachev, il potente Ceo di Rosatom. Nuovo contratto che include svariate clausole «che velocizzeranno la realizzazione» del progetto, ha spiegato il ministro. Che ha definito Paks 2 «un progetto internazionale di grande portata non soggetto ad alcuna sanzione, nel quale sia Rosatom sia l’Ungheria cooperano con numerose imprese occidentali».
Sanzioni che non «ci saranno neppure in futuro» per quanto riguarda l’energia atomica, dato che Budapest vi «si opporrà» in tutti i modi, ha anticipato Szijjarto. Che ha avvisato che Budapest vedrà «ogni attacco od ogni tentativo di bloccare il progetto come una tentata violazione della nostra sovranità». Parole che fanno intuire che la cooperazione con Mosca continua a non piacere a molti, in Europa e negli Usa, senza dimenticare le denunce di ambientalisti e tecnici sul rischio sismico a Paks.
E preoccupa anche l’indebitamento verso la Russia. Paks 2, infatti, costerà intorno ai 12 miliardi di euro, di cui una decina garantiti da un prestito russo. Paks 2 che, malgrado il ruolo crescente nel progetto dei francesi di Framatome, è «la manifestazione della continua dipendenza energetica» e politica dell’Ungheria di Orban da Mosca, ha lanciato l’allarme anche il think tank Centre for Eastern Studies, che ha messo in guardia Budapest sui crescenti «rischi» che l’Ungheria perda «ulteriormente fiducia» da parte dei partner Ue e Nato per gli abboccamenti con il Cremlino. Ma c’è di più. Anche la Serbia sarebbe interessata a ricevere energia da Paks 2. Con la longa manus energetica della Russia potenzialmente sempre più insidiosa e pesante nei Balcani.
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