Il padre di Kosta resta in carcere. Da lunedì la stretta sulle armi

Ancora 30 giorni in carcere. È la decisione presa dal giudice per le indagini preliminari dell’Alta Corte di Belgrado nei confronti di Vladimir K., padre di Kosta, il ragazzino di tredici anni che mercoledì scorso ha messo a segno la strage nella scuola Ribnikar. Kosta, ricordiamo, per la legge serba non è punibile, dato che non ha ancora compiuto 14 anni. Il padre, invece, rischia grosso, perché il figlio ha eseguito il massacro usando una delle pistole che Vladimir custodiva a casa, in una cassaforte di cui con alta probabilità il figlio conosceva la combinazione.
La prolungata custodia in prigione di Vladimir è stata giustificata dal fatto che sul capo dell’uomo pende un’ipotesi di reato che prevede una pena superiore ai dieci anni. Il genitore del ragazzo, infatti, é accusato di aver commesso un grave crimine contro la sicurezza pubblica, oltre a non aver rispettato i dettami della legge su armi e munizioni. Vladimir, un affermato e stimato medico, ha negato ogni responsabilità respingendo quindi le accuse contestate, mentre la madre del ragazzino, anche lei fermata dopo la strage, è completamente uscita dai radar.
Intanto in Serbia, e in buona parte dei Balcani, infuria il dibattito su Kosta, che appunto non finirà in carcere, ma potrebbe forse venire internato, seppur solamente con il consenso della famiglia, in qualche istituzione psichiatrica per minorenni. Per Uroš Blažić, il killer di Mladenovać, invece si prospetta l’ergastolo.
Nel frattempo, la mano dura annunciata dalle autorità serbe sulle armi inizierà a concretizzarsi già da domani. Chi infatti possiede armi non denunciate potrà consegnarle per un mese alla polizia, senza temere conseguenze. Dopo, scatteranno invece le manette. st.gi.
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