La richiesta di danni per un appalto saltato rischia di fermare l’aeroporto di Sarajevo

La slovena Viaduct doveva costruire due centrali idroelettriche: danni per 45 milioni e rischio conti bloccati per varie istituzioni. A rischio anche gli altri scali

Stefano Giantin
L’aeroporto internazionale di Sarajevo
L’aeroporto internazionale di Sarajevo

Una controversa e intricata diatriba, protagonista un’impresa straniera, rischia di mettere in ginocchio la Bosnia-Erzegovina, privandola persino del controllo sui suoi cieli, non bastasse la prolungata crisi politica che vede contrapporsi la leadership serbo-bosniaca capitanata da Milorad Dodik e le autorità centrali.

Ora il paese balcanico è scosso da caso che potrebbe assumere prospettive temibili. L’affaire riguarda l’azienda slovena Viaduct, vincitrice due anni fa di un processo d’arbitrato contro la Bosnia.

La società, ricostruisce il portale economico specializzato SeeNews, nel 2004 aveva siglato un contratto con la Republika Srpska, l’entità politica dei serbi di Bosnia, per la costruzione di due centrali idroelettriche: un progetto del valore di oltre 165 milioni di euro. L’accordo è stato tuttavia cancellato unilateralmente delle autorità della Rs nel 2014, spingendo Viaduct ad adire al processo di arbitrato presso l’International Centre for Settlements of Investment Disputes (Icsid), vincendo infine la causa.

La Corte ha stabilito che la Bosnia avrebbe dovuto pagare circa 45 milioni di euro di danni a Viaduct. La sentenza, risalente a due anni fa, era rimasta finora lettera morta, con il debito gravato dagli interessi maturati cresciuto nel frattempo di altri 5 milioni, mentre le autorità serbo-bosniache hanno tentato inutilmente di fare appello per cancellare la decisione di arbitrato, diventata tuttavia inappellabile l’estate scorsa.

Secondo i calcoli dei media locali, il dovuto cresce di 10 mila euro ogni giorno a causa degli interessi. E a saldare, malgrado il contratto riguardasse la Republika Srpska, dovrebbe essere lo Stato bosniaco nella sua interezza, un fatto che sta rendendo il tutto ancora più complicato, nel paese da sempre diviso da fossati etnici. Il tutto mentre Dodik, da Banja Luka, evoca una «storia di corruzione» e promette di indagare sul caso.

Contratti fumosi, progetti annullati, processi e debiti stanno conducendo la Bosnia-Erzegovina verso una situazione inedita, un vicolo cieco con conseguenze in campi lontanissimi da quello dell’energia e delle costruzioni. Lo ha confermato Eurocontrol, l’organizzazione europea della sicurezza dei voli, che ha annunciato il congelamento dei conti di Bhansa, l’agenzia pubblica bosniaca per il controllo aereo. Bhansa non è direttamente coinvolta nel caso Viaduct, ma è fra le istituzioni che potrebbero essere chiamate a onorare l’obbligo di risarcimento all’impresa slovena, in concorso con altre proprietà facenti capo alla Banca nazionale di Sarajevo.

Così, «malgrado Bhansa non sia parte della disputa» in corso, «rischia il blocco dei fondi necessari per permettere la navigazione aerea», ha confermato la stessa Bhansa, auspicando una «soluzione urgente» per evitare il peggio. Si rischia un blocco delle operazioni, hanno suggerito anche i sindacati interni dell’agenzia. O peggio, ha spiegato il portale Exyu-Aviation, “bibbia” sul traffico aereo nell’ex Jugoslavia, che ha evocato «la chiusura di aeroporti e dello spazio aereo» del paese, lo scenario più pesante ora sul tavolo.

Se dovesse accadere, riprendere il controllo potrebbe «richiedere anni» e «i nostri quattro aeroporti potrebbero perdere per un certo periodo la capacità di operare», ha sottolineato il ministro bosniaco Edin Forto, anticipando che le autorità centrali bosniache si ritroveranno martedì per tentare di trovare una rapida soluzione a un problema che sta sfuggendo di mano. E i prossimi giorni saranno cruciali per capire cosa potrebbe accadere.

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