Kosovo, Belgrado ritira le truppe. Vučić: «La Serbia non vuole la guerra»
I giorni più difficili degli ultimi 15 anni, ma il Paese vincerà»

BELGRADO. È il solito “vecchio” Vučić, nella sua veste di Giano bifronte della geopolitica nei Balcani occidentali: un volto puntato a Mosca, l’altro a Bruxelles. E così il presidente serbo Aleksandar Vučić ha dichiarato al Financial Times che non ha intenzione di ordinare all'esercito di attraversare il confine con il Kosovo. Ha annunciato il ritiro delle forze serbe dalla zona - confermato da un funzionario del governo kosovaro secondo quanto riportato dal britannico Guardian - perché, ha detto, un'escalation del conflitto sarebbe controproducente rispetto al desiderio della Serbia di diventare membro dell'Unione europea. «Perché questo gioverebbe a Belgrado? Quale sarebbe questa idea? Per distruggere la nostra posizione, che stiamo costruendo da un anno? Distruggerlo in un giorno? La Serbia non vuole la guerra», ha dichiarato Vučić al Financial Times, citato dall'agenzia di stampa serba.

Il presidente serbo ha aggiunto che gli avvertimenti lanciati da Washington sono sproporzionati, perché nella zona lungo il confine con il Kosovo sta diminuendo il numero dei militari serbi. «L'anno scorso avevamo 14.000 unità vicino alla linea amministrativa, oggi ne abbiamo 7.500 e le ridurremo a 4.000», ha detto Vučić il quale ha altresì affermato che è una «pura menzogna» che la Serbia invii truppe al confine col Kosovo. «La Serbia non ne trarrebbe beneficio, poiché metterebbe a repentaglio la sua posizione nei colloqui con Pristina sponsorizzati dall'Ue».
Venerdì la Casa Bianca aveva dichiarato di avere scoperto il raggruppamento delle forze armate serbe al confine col Kosovo invitando Belgrado a ritirare le truppe per evitare un'ulteriore destabilizzazione della situazione. Un appello simile era stato lanciato sabato dall'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera, Josep Borrell che aveva definito molto preoccupante il raduno dei militari serbi al confine chiedendo che venisse fermato. «Per noi - ha affermato ieri Vučić in un video postato su Instagram - sono stati i 15 giorni più difficili degli ultimi 15 anni mala Serbia vincerà». Sempre ieri nel video il leader serbo ha precisato: «L’indipendenza del Kosovo ve la potete solo sognare. La Serbia continuerà a rispettare la Carta dell’Onu e la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza».
Sabato anche il Kosovo aveva chiesto alla Serbia di ritirare le sue truppe dal confine. «Chiediamo al presidente Vučić e alle istituzioni serbe di ritirare immediatamente tutto l'esercito dal confine con il Kosovo», aveva annunciato il governo di Pristina, secondo l'agenzia di stampa croata Hina: «Lo spiegamento dell'esercito serbo lungo il confine con il Kosovo è un nuovo passo della Serbia nella minaccia all'integrità territoriale del nostro Paese».

Da parte del Kosovo si era insistito sul fatto che la Serbia stesse accumulando forze armate al confine. In un messaggio dell’altra sera, riassunto dall'agenzia di stampa tedesca Dpa, il governo del Kosovo aveva parlato di una operazione con l’obiettivo di una «possibile aggressione militare contro la Repubblica del Kosovo» da tre direzioni: si diceva che unità dell'esercito serbo si stessero muovendo da Raška verso il confine settentrionale del Kosovo, unità da Niš verso il confine nordorientale del Kosovo e unità da Vranje verso il confine orientale. Pristina sosteneva inoltre che venerdì la Serbia aveva inviato soldati e polizia in 48 punti operativi lungo il confine con il Kosovo. Secondo il Kosovo, la Serbia avrebbe installato anche la contraerea e l'artiglieria pesante. In coordinamento con i partner internazionali, il Kosovo si era detto «più determinato che mai a proteggere la propria integrità territoriale».
La situazione nell’area è peggiorata dopo l'attacco contro la polizia di Banjska una settimana fa, nel quale sono rimasti uccisi un agente di polizia e tre aggressori. Pristina sostiene che la Serbia ha fornito supporto logistico agli aggressori, mentre le autorità di Belgrado hanno negato il coinvolgimento della Serbia nell'incidente. E si è fatta viva la Germania: «Coi nostri partner siamo in contatto diretto con le parti coinvolte. Il processo politico deve proseguire » è il messaggio di Berlino.
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