Ktm, la più grande fabbrica di moto d’Europa cerca il salvataggio all’ultima curva
Il 25 febbraio l’assemblea dei creditori voterà l’ipotesi di ristrutturazione, la parola decisiva spetta però a banche e fornitori. Tra le imprese che lavorano per il big austriaco anche la veneta Da Lio
L’austriaca Ktm è la più grande fabbrica di moto d’Europa e una delle maggiori al mondo, ma ora attraversa una crisi che rischia di comprometterne il futuro e ha già messo in forse la sua partecipazione alle prossime competizioni del MotoGp. Qualcuno in Italia, anticipando i tempi, ha parlato di fallimento, ma – parafrasando Mark Twain – “la notizia è grossolanamente esagerata”. Il diritto commerciale austriaco prevede altre procedure concorsuali, in parte diverse da quelle italiane e che consentono alle società in crisi di riprendere fiato e, se tutto va bene, di rimettersi in corsa.
Quella che riguarda Ktm è il “Sanierungsverfahren mit Eigenverwaltung”, che potremmo tradurre “procedura di risanamento con autogestione”. La società continua ad essere amministrata dal suo management, affiancato però da un curatore nominato dal Tribunale, che ne verifica passo per passo il rispetto delle condizioni fissate.
Ktm attualmente si trova in questa fase. L’istanza per avviare la procedura di risanamento era stata presentata al Tribunale (è competente quello di Ried, avendo sede la società a Mattighofen, in Alta Austria) il 29 novembre scorso.
A quella data la società “madre” (una spa) e le controllate Ktm Components e Ktm Forschung & Entwicklung (ricerca e sviluppo), entrambe srl, risultavano indebitate per oltre 2,9 miliardi.
I creditori stimati sono circa 2.500, ma il fardello maggiore (1,3 miliardi) pesa sulle banche. Sono 180 istituti in gran parte austriaci, ma anche del resto del mondo, dagli Usa alla Cina e al Giappone. I crediti maggiori sono sopportati da Bank Austria, controllata da Unicredit Italia.
Il Tribunale ha accolto l’istanza, nominando curatore Peter Vogl. La procedura prevede un drastico ridimensionamento della società, con riduzione del personale (750 posti tagliati tra dicembre e gennaio) e cessione di settori non essenziali (tra questi figura la vendita dell’italiana Mv Agusta, di cui Ktm controlla il 50,1% del capitale), in modo da rimettere in ordine i conti nell’arco di due anni, rimborsando ai creditori il 30% di quanto dovuto.
I fornitori nordestini
L’attuazione del piano sarà sottoposta a una prima verifica oggi, ma per la sua approvazione definitiva si dovrà attendere il 25 febbraio. In quella data si riunirà l’assemblea dei creditori che metterà ai voti il piano di ristrutturazione: sarà necessaria la maggioranza dei creditori votanti presenti alla riunione e tra i voti a favore dovranno esserci quelli che rappresentano più della metà dell’importo dei crediti.
Il piano prevede un rimborso del 30% dei crediti, ma all’assemblea potrebbe non bastare, se i partecipanti riterranno di poter ricavare di più dalla liquidazione della società e dalla vendita all’asta dei suoi beni. In tal caso, Ktm potrebbe aumentare la quota offerta. Se anche ciò non dovesse bastare, allora – solo allora – si arriverebbe al fallimento.
È uno scenario che spaventa l’Austria, per il numero di quanti rimarrebbero senza lavoro, non soltanto nelle tre società della Ktm. L’Arbeitkammer stima che per ogni posto tagliato nella Ktm ne andrebbero persi altri due nell’indotto. Il numero dei disoccupati, così, potrebbe superare quota 10 mila. La società si ritrova in magazzino 130 mila moto invendute, per un valore di un miliardo, e ha deciso lo stop alla produzione fino a marzo compreso. Di conseguenza, alcune aziende fornitrici sono già fallite, tra queste l’acciaieria Metallgiesserei di Vöcklabruck.
A far le spese della situazione di Ktm sono in prima battute imprese fornitrici austriache, ma ce ne sono anche di italiane e nordestine. Tra queste la Da Lio – quartier generale a Noale, in provincia di Venezia, e un grande stabilimento a Morsano al Tagliamento, nel pordenonese – azienda leader nello stampaggio, nella verniciatura, nella finitura, decorazione artigianale e assemblaggio delle carrozzerie per i più grandi marchi mondiali delle moto. Ktm, verso la quale vanta non indifferenti crediti, compresa.
Tornando al colosso austriaco, lo sgomento è dovuto anche al fatto che la crisi della Ktm è giunta all’improvviso. Fino al 2023, infatti, la società aveva registrato volumi di affari record: 1,5 miliardi di fatturato nel 2021 (utile netto 123,1 milioni); 1,8 miliardi nel 2022 (utile 78,1 milioni); quasi 2 miliardi nel 2023 (utile 108,9 milioni). Sono anni in cui l’azienda ha continuato a investire e ad acquisire partecipazioni in tutto il mondo (l’ingresso in MV Agusta è del marzo scorso).
L’origine delle difficoltà
Cosa è andato storto negli ultimi mesi, tanto da far precipitare la situazione? Stefan Pierer, 68 anni, presidente di Pierer Mobility Spa, la holding a cui fanno capo KTM e altre società, indica le seguenti cause: aumento dei costi di produzione (negli ultimi due anni l’inflazione in Austria è stata quasi doppia di quella in Italia), aumento dei costi finanziari (Ktm è indebitata con le banche per 1,3 miliardi), da ultimo il crollo delle vendite negli Usa, il mercato più importante per l’azienda.
Era prevedibile questo scenario? Molti ritengono di sì, ma Pierer è uomo che ama il rischio. «Quando le cose si fanno difficili – aveva dichiarato tempo fa in un’intervista alla Kleine Zeitung – è allora che si possono guadagnare fette di mercato». È grazie a questo atteggiamento, a dir poco audace, che Pierer aveva fatto di Ktm una fabbrica di moto di livello mondiale.
L’aveva acquistata 35 anni fa per 30 milioni di scellini (circa 2 milioni di euro), salvandola dalla bancarotta. Allora aveva 180 dipendenti e produceva seimila moto all’anno. Tre decenni dopo e fino allo scoppio della crisi la produzione era salita a 260 mila moto. Questa volta però l’audacia di Pierer potrebbe avere un esito fatale. L’emergenza attuale preoccupa dal punto di vista aziendale e occupazionale, ma si ripercuote anche su quello sportivo. Solo pochi giorni fa la Ktm ha trionfato al Rally Dakar in Arabia Saudita, con la moto 450 Rally, dopo aver dominato quasi tutte le tappe. E che ne sarà del MotoGP, massima categoria di moto da corsa su circuito? La società prevede di ritirarsi da questo fronte, per ridurre i costi, come previsto dalla procedura di risanamento. Ma – come scriveva Salzburger Nachrichten il mese scorso – Ktm è legata contrattualmente al MotoGP fino al 2026 e un’uscita anticipata comporterebbe pesanti penali. Insomma, il costo potrebbe essere maggiore del risparmio.
Tutto dipenderà dall’esito dell’assemblea dei creditori del 25 febbraio e, prima ancora, dall’assemblea di Pierer Mobility di lunedì prossimo, che ha all’ordine del giorno un aumento di capitale. Tra i possibili investitori sono indicati l’indiano Banjaj, già socio di Pierer Mobility, e la cinese CF Moto, da lungo tempo partner di Ktm. L’iniezione di capitale fresco è premessa per il salvataggio di Ktm. Che potrebbe stupirci e rinascere dalle ceneri come era già accaduto 33 anni fa.
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