La città di Curzola cambia narrazione su Marco Polo e trasforma la “casa natale” in centro studi

Stop alla rivendicazione della paternità dell’esploratore. Ora l’attenzione si sposta sui suoi viaggi in Oriente
Giovanni Vale

Sarà un centro multifunzionale, un museo e un luogo di studio, dove si organizzeranno incontri e dibattiti e dove si spera di accogliere decine di migliaia di persone all’anno. «Magari un milione!», scherza il curatore Vicko Marelić.

Il «Marko Polo Centar» ha aperto venerdì le sue porte nella città storica di Curzola (Korčula), nel luogo in cui fino ai primi anni Duemila si trovava la celeberrima “casa natale di Marco Polo”.

Chiusa dal 2003, la casa – costruita in realtà un paio di secoli dopo la morte del grande esploratore – è stata trasformata dopo due decenni di progetti e lavori in un “centro” che oggi ha l’ambizione di scrivere una nuova pagina non solo nella narrazione locale della vita di Polo (1254-1324), ma anche nelle relazioni italo-croate, che proprio su questo punto si sono increspate più volte. L’incidente forse più noto risale al 2011, quando l’allora presidente croato Stjepan Mesić aveva inaugurato a Yangzou in Cina un museo dedicato all’autore del Milione, rivendicandone la nazionalità croata.

Da allora sono passati più di dieci anni e la situazione è in parte cambiata. Il «Marko Polo Centar», un progetto dal valore di circa 1,3 milioni di euro finanziato anche tramite il programma Interreg Italia-Croazia, sposta il centro dell’attenzione dalla rivendicazione della paternità di Polo ad un racconto più ampio del XIII secolo e dei viaggi in Oriente.

Niente più «casa natale», dunque, ma uno spazio multimediale di quasi 300 metri quadri, con tante mappe, un modellino di una galea veneziana e dei pannelli informativi su Kublai Khan, la peste e le malattie del Medioevo. C’è anche una piccola sala di ricerca, dove si vogliono raccogliere i libri su Polo e le tante edizioni del Milione e, all’ultimo piano, un punto panoramico da cui si può ammirare sia il centro di Curzola, con la vicina cattedrale quattrocentesca, sia il braccio di mare in cui nel 1298 si svolse la battaglia navale tra veneziani e genovesi, persa dai primi e in cui, secondo la legenda, sarebbe stato catturato anche Polo. Fu in ogni caso durante la prigionia a Genova, che il viaggiatore – rientrato dall’Oriente nel 1295 dopo oltre vent’anni di viaggi – dettò il suo libro a Rustichello da Pisa.

La trasformazione della «casa natale» in un centro multimediale finanziato dall’Unione europea segnerà la fine delle controversie adriatiche su Marco Polo? È difficile da credere. Venerdì, forse perché trascinato dall’entusiasmo nel suo discorso inaugurale, al giovane curatore Marelić è scappato un «nostro» parlando del grande esploratore. E le ragioni sono forse più economiche che patriottiche. A Curzola ci sono già negozi, ristoranti e persino un centro di immersioni subacquee che portano il nome di Marco Polo.

Il nuovo centro culturale permetterà di fossilizzare quella presenza e – si spera – di trascinare ulteriormente l’economia. «Il super-brand Marco Polo può diventare l’attrazione turistica più grande del Mediterraneo», ha detto Marelić. Gli auspici della sindaca Nika Silić Maroević e del rappresentante del ministero della Cultura, presenti alla cerimonia di venerdì, vanno nella stessa direzione: il nuovo centro porterà più turisti a Curzola. Ma il dibattito sull’esploratore è destinato a continuare.

Nel 2013, quando l’antropologa croata Olga Orlić ha pubblicato il suo «Il curioso caso di Marco Polo di Curzola: un esempio di tradizione inventata» (che studia proprio il processo che ha portato la leggenda a diventare una solida base di marketing), ricevette una telefonata da un’associazione di Sebenico. «Brava, dottoressa Orlić, ha ragione!», si sentì dire dall’altro capo del telefono, «noi sappiamo che Marco Polo è nato a Sebenico e ne abbiamo le prove!».

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