La serie tv turca celebra l’ex comandante Orić e fa infuriare Belgrado
I bosgnacchi musulmani lo considerano l’eroe della resistenza a Mladić. Ma per i serbi è un criminale di guerra che ha distrutto decine di villaggi

Per alcuni, un eroe che difese un popolo oppresso, vittima di pulizia etnica e orribili violenze. Per altri, solo un criminale senza scrupoli. E allora, viste le premesse, anche una banale serie televisiva può creare attriti e una mezza crisi tra due Paesi sempre più vicini, Serbia e Turchia.
Turchia, nazione che negli ultimi anni è diventata una grande potenza nella produzione di soap opera e serie Tv – amate e seguitissime in mezzo mondo – che è al centro di aspre polemiche, in Serbia. La miccia, la fine della produzione di una nuova serie Tv, “Naser”, girata in Macedonia del Nord e a Istanbul, che ha come protagonista un combattente «che ha cambiato il corso della guerra in Bosnia», lo slogan pubblicitario per promuovere lo sceneggiato. Altri non è che il celebre Naser Oric, nato nel 1967 a Donji Potocari, a un tiro di schioppo da Srebrenica, descritto nel film per la Tv turca come colui che lottò senza paura «contro chi voleva ripulire la Bosnia dai musulmani».
E proprio nell’area della cittadina, poi teatro del genocidio, Oric operò come comandante nell’Armata bosniaca contro le forze serbo-bosniache di Ratko Mladic prima della caduta dell’enclave. Oric è infatti onorato dai bosgnacchi musulmani come eroe e protettore dalle violenze e dalla pulizia etnica, mentre i serbi e Belgrado lo hanno sempre considerato colpevole di atrocità contro i serbi di Bosnia, in particolare per la distruzione di una cinquantina di villaggi serbi tra il 1992 e il 1993.
Per la giustizia internazionale, Oric è tuttavia innocente. Dopo una condanna nel 2006 per non aver impedito la morte di cinque prigionieri serbi e il maltrattamento di altri, l’ex comandante era stato poi assolto in appello dal Tpi – e lo stesso accadde un decennio dopo in un processo celebrato davanti a un tribunale bosniaco. Insomma, se i verdetti dei giudici hanno un peso, Oric può ben meritarsi una serie “made in Turchia” che racconti epicamente il suo passato.
Non la pensano però così in molti, in Serbia e in Republika Srpska. A protestare contro lo sceneggiato su Oric, la cui trasmissione è invece molto attesa in Bosnia, è stato Arnaud Gouillon, francese, con un passato nell’ultradestra identitaria innamoratosi della Serbia e premiato, oltre che con il passaporto serbo, con la carica di direttore dell’Ufficio governativo di Belgrado per la Diplomazia pubblica e culturale. Gouillon ha inviato una nota di protesta alla Tv di Stato turca, la Trt, stigmatizzando la decisione dei vertici dell’emittente di produrre una serie dipingendo Oric «come un eroe».
«Speriamo che la serie mostri i crimini di guerra compiuti dalle forze di Oric, ma ci sono chiari indizi che così non sarà», ha scritto Gouillon, assicurando che la levata di scudi di Belgrado è dovuta «alle vittime delle formazioni paramilitari» guidate dal protagonista della serie. L’Ufficio, ha poi promesso Gouillon, «seguirà e reagirà sempre ai tentativi di ribaltare la storia glorificando criminali di guerra come Oric».
La serie su Oric discende da «il risultato della giustizia che lo ha assolto e offre ora l’alibi per girare un film su questo criminale», ha rincarato Viktor Nudzic, direttore del Centro serbo-bosniaco per la ricerca sulla guerra. «Civili, donne, bambini, anziani furono uccisi solo perché si trovavano sulla strada delle orde di Oric», ha sostenuto.
Sulla coscienza di Oric peserebbe la tragica sorte di «3.500 persone», il biasimo di Radojka Filipovic, presidentessa di un’associazione delle vittime serbe di Bratunac, mentre il direttore del Centro cinematografico di Belgrado, Ivan Karl, ha avvisato che la serie su Oric «rischia» di essere trasmessa in mezza ex Jugoslavia.
Il caso Oric riapre perciò la “guerra della soap” nei Balcani. Con episodi simili che, in passato, hanno visto come miccia personaggi del calibro di Alija Izetbegovic o Ante Gotovina. —
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