Lavrov: «La Russia con la Serbia. No alla risoluzione su Srebrenica»

BELGRADO. La voce di Mosca si fa energica, nei Balcani, e sempre più contrapposta a quella occidentale. E “canta” fragorosamente a favore di quelli che sono considerati gli unici, veri amici e alleati della Russia nella regione, i serbi di Serbia e della Bosnia-Erzegovina, una discesa in campo sempre più netta. Che rischia di infiammare ulteriormente una regione già instabile di suo.
Mosca che ha parlato per bocca del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, “paria” in Occidente, intervistato invece con tutti gli onori in Republika Srpska, l’entità politica dei serbo-bosniaci, davanti alle telecamere della televisione Atv, controllata dal leader nazionalista e filorusso, Milorad Dodik. Intervista che l’Occidente, in testa la Ue, dovrebbe ascoltare comunque con molta attenzione, perché di fatto rivela e conferma le linee-guida della politica russa nei Balcani. Politica che è uno schierarsi senza se e senza ma a favore dei serbi, che sarebbero ancora una volta le vittime di un piano per «annichilirli», naturalmente ordito dall’Ovest. Lo strumento, oggi, sarebbe la risoluzione posta sul tavolo dell’Assemblea Generale dell’Onu finalizzata alla creazione di una “Giornata internazionale” per commemorare a livello globale il «genocidio di Srebrenica», in realtà solo per mettere in stato d’accusa un intero popolo, costringendolo all’angolo. Questo perché i serbi «sono testardi e troppo indipendenti nei loro comportamenti», ha spiegato il ministro russo.
Testardi, perché «non hanno obbedito alle richieste di imporre sanzioni contro la Russia», ma anche perché si rifiutano di sottostare ai diktat occidentali «e non vogliono riconoscere l’indipendenza del Kosovo e non vogliono che Pristina diventi membro di organizzazioni internazionali», come il Consiglio d’Europa. Lì, al Consiglio, fra un paio di settimane arriverà la luce verde all’ingresso di Pristina, ma ciò non cambia la realtà delle cose, almeno agli occhi di Mosca: «Tutti sanno che il Kosovo è un territorio di totale illegalità, di criminalità organizzata, di pulizia etnica dei serbi, lì non c’è mai stata nessuna democrazia», ha attaccato a gamba tesa Lavrov. E la risoluzione odiatissima dai serbi, su Srebrenica, contro cui si battono Dodik e il presidente serbo Vučić, sarebbe la via scelta per punirli. È «un ultimatum di fatto» a Banja Luka e Belgrado, la lettura di Lavrov, che ha fatto capire che la Russia è pronta ad appoggiare le posizioni serbe all’Onu. Non solo. Lavrov ha infatti lasciato intuire che la Serbia sbaglia a ribadire «il proprio orientamento europeo», ossia l’obiettivo strategico di entrare nella Ue. Ogni volta che Belgrado si “offre” a Bruxelles, la Ue «dice che bisogna prima riconoscere il Kosovo e imporre sanzioni contro Mosca, perché l’adesione implica una battaglia contro la Russia».
Ma la Serbia, ha suggerito Lavrov, rimane un alleato, mentre l’Europa sembra ignorare «la nostra storia di amicizia, le nostre comuni battaglie per la libertà, l’indipendenza, per l’Ortodossia, per gli slavi». Tutte cose che all’Occidente «non interessano». Infine, l’ultimo affondo. Altro che bosgnacchi, croati e Alto rappresentante Schmidt, «non legittimo». In Bosnia, quello che l’Occidente descrive «come il principale cattivo» è l’unico rimasto a battersi per il rispetto degli «accordi di pace di Dayton». E qui Lavrov fa ancora riferimento a Dodik, sotto sanzioni Usa, emarginato in Europa. Pluripremiato e onorato invece a Mosca.
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