Le proteste in una Serbia divisa. Vučić: «Il Paese è sotto attacco»
Sabato a Kragujevac il nuovo corteo dei giovani, a Sremska Mitrovica il raduno dei sostenitori del governo

Le “due Serbie” si affrontano in piazze lontane centinaia di chilometri, a distanza di sicurezza, in occasione della Festa nazionale (Sretenje). Si contano, promettono battaglia per difendere le proprie posizioni, confermano di essere due mondi opposti, incompatibili.
Due manifestazioni
È il quadro confermato dalle due grandi manifestazioni andate in scena sabato nella Serbia scossa da mesi di proteste: la prima a Kragujevac, quella degli studenti da mesi in trincea dopo la tragedia alla stazione di Novi Sad, la seconda a Sremska Mitrovica, dove in decine di migliaia si sono riuniti per sostenere governo, Partito progressista (Sns) e il presidente Aleksandar Vučić, al potere da più di un decennio.
La piazza degli studenti
Potere indebolito dalla diffusa rabbia popolare per i 15 morti alla stazione, attribuiti da molti a un sistema di corruzione e nepotismo, risentimento canalizzato nelle massicce proteste di giovani e studenti, sostenute e rinforzate anche da tanti docenti e ampie parti della società. Studenti che sono stati l’anima anche della protesta di sabato nella “Mirafiori serba”, scelta per la sua carica simbolica. Proprio in quella regione, nel 1804, ci fu la prima sollevazione dei serbi contro i turchi. E proprio in quella città, nel 1835, nacque la prima Costituzione serba.
Oggi Kragujevac «deve tornare a essere il luogo dove si scrivono i diritti», l’appello lanciato dagli studenti, moltissimi arrivati a piedi in città per la protesta, dopo giorni di marcia da Belgrado, Novi Sad, Nis. Ma per la grande protesta a Kragujevac c’erano persone di tutte le età, a condividere le richieste dei giovani, issando cartelli con la scritta «la corruzione uccide» e l’ormai celebre simbolo della mano sporca di sangue.
Richieste variegate, che spaziano dalla petizione di una lotta sincera alla corruzione e dalla richiesta di giustizia per Novi Sad alle garanzie per la sicurezza dei manifestanti contro attacchi e violenze, fino a maggiori investimenti nel settore dell’educazione. Su tutto, il desiderio di un “repulisti” nel sistema pubblico e nelle istituzioni che, a detta degli “indignados” serbi, da anni non fanno più il loro lavoro.
La piazza dei sostenitori di Vučić
Ma c’è stata anche un’altra piazza, quella di Sremska Mitrovica, in Vojvodina, dove a decine di migliaia sono arrivati, tantissimi dalla provincia profonda su bus organizzati dal partito, per sostenere Vučić e approvare per acclamazione una controversa “Dichiarazione sulla Vojvodina” come parte inseparabile della Serbia, in risposta a presunte e fumose minacce secessionistiche da parte degli “indignados”. Il meeting è stato preceduto da nuovi appelli al dialogo, arrivati dal premier dimissionario Miloš Vučević.
Vučić ha bollato le proteste come «una fra le più sporche rivoluzioni colorate di sempre» perché basata sulla manipolazione dei giovani, sostenendo che a Kragujevac sarebbero stati solo in «16 mila», contro i più di 120 mila da lui attesi a Mitrovica. Davanti alla folla – dopo un discorso infuocato del leader serbo-bosniaco Dodik – ha rincarato: «Non siamo qui a difendere poltrone», ma perché «la Serbia è a rischio», minacciata «dall’esterno» e sotto attacco «dall’interno».
Le proteste avrebbero l’obiettivo di «distruggere non Vučić ma la Serbia», ha aggiunto, assicurando però di essere pronto «al dialogo» e che «tutte le richieste» degli studenti «sono state soddisfatte, tornate sui banchi». «Lotterò per la Serbia finché sarò vivo, la rivoluzione colorata è fallita, la Serbia ha vinto», ha poi chiosato, aprendo a un governo col 50% di nuovi ministri. —
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