Marcia bis in Serbia contro la violenza

BELGRADO Belgrado non molla, malgrado gli attacchi di chi è al potere e dei media filogovernativi e nonostante qualche mal di pancia pure tra gli indignados per una forse troppo precoce radicalizzazione della protesta. E raddoppia – con una seconda imponente manifestazione, ancora più affollata della prima.
È lo scenario osservato venerdì nella capitale serba, dove decine di migliaia di persone sono scese di nuovo in strada, come già accaduto lunedì sera, per la marcia intitolata “Serbia contro la violenza”, sottotitolo «tutto deve fermarsi», iniziativa sulla carta apartitica ma ispirata da svariati partiti d’opposizione come risposta alle stragi della scuola Ribnikar e dei villaggi attorno a Mladenovac, 17 vittime il tragico bilancio.
Le richieste della piazza, non accolte finora, sono rimaste identiche anche ieri. Fra esse, le dimissioni del ministro degli Interni Bratislav Gašić e del capo dei servizi, il “falco” Aleksandar Vulin, repulisti nella commissione di vigilanza sui media, ma anche stop ai reality show che favoriscono un clima di intolleranza e violenza e alle Tv private e ai tabloid filo-governativi più radicali, che violerebbero in continuazione la deontologia professionale con fake news o mezze verità a favore di chi governa.
Ancora una volta la folla, sempre silenziosa – a parte un «Vucić dimettiti» - e senza simboli e bandiere di partito, ha voluto anche stringersi in un abbraccio collettivo, una mossa forse necessaria e inevitabile in un Paese segnato nel profondo dallo choc e dal dolore. E dal dolore silenzioso alla rabbia aperta il passo è breve e sarebbe meglio «se Vucić accettasse subito tutte le richieste», il messaggio rilanciato ieri dagli organizzatori.
La folla ha marciato, come lunedì, dal Parlamento fino al palazzo del Governo. «Soldi alle scuole, non polizia», uno striscione fra i pochi portati in piazza dalla folla in strada. Ad aprire il corteo, gli ormai celebri drappi neri, con scritte bianche e rosse “Serbia contro la violenza”. Una differenza, ieri, simbolicamente importante: nessun politico di opposizione, questa volta e non come all’esordio, ha retto il grande striscione nero, affidato invece a cittadini comuni.
Già dalla vigilia, peraltro, la marcia era offuscata da un’ombra. Il deputato d’opposizione Aleksandar Jovanović aveva infatti anticipato che il fiume di gente non si sarebbe fermato davanti al Governo, ma avrebbe bloccato per due ore il ponte autostradale “Gazela”, paralizzando il traffico su un’arteria-chiave nei Balcani – una mossa duramente criticata da autorità e sconsigliata dalla polizia, ma guardata con un certo sospetto anche da molti oppositori di Vucić, contrari a infliggere disagi agli automobilisti. Il blocco infine c’è stato, senza incidenti e senza interventi della polizia, poco dopo le 19, prima con un manipolo di dimostranti a interrompere il traffico e poi con una folla infinita di persone che ha marciato sul ponte, verso Novi Beograd. E l’opposizione serba, ieri, ha messo a segno un nuovo punto, in attesa dell’enorme contromanifestazione annunciata dallo stesso Vucić, per fine maggio, in una partita che è ora tutta politica. E si prospetta tesissima e aperta. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © il Nord Est