Medjugorje, «Scelta giusta, quel luogo è unico»

I veterani dei pellegrinaggi accolgono con soddisfazione la decisione comunicata da Roma

Piero Tallandini
il veterano Sbuelz, l’ultimo a sinistra con un gruppo di pellegrini a Medjugorje
il veterano Sbuelz, l’ultimo a sinistra con un gruppo di pellegrini a Medjugorje

Due autentici veterani dei pellegrinaggi nelle vesti di accompagnatori. Sono Salvatore Porro, consigliere comunale triestino e punto di riferimento per i devoti mariani della Venezia Giulia, e Sergio Sbuelz, di Reana del Rojale, che da quasi 40 anni accompagna i fedeli friulani (e non solo) a Medjugorje per incontrare la “Kraljica Mira”, “Regina della pace”. E se Porro si è recato in pellegrinaggio nella località bosniaca più di cento volte, Sbuelz ha addirittura superato le cinquecento.

Il nulla osta della Santa Sede per pellegrinaggi ed esperienze spirituali è stata accolta da entrambi con particolare soddisfazione. «Sono felicissimo per questa decisione, perché riconosce che un pellegrinaggio in quel luogo straordinario rappresenta di per sé un valore, a prescindere da qualunque valutazione sulla veridicità delle apparizioni, sulla quale io stesso preferisco non pronunciarmi – sottolinea Porro –. Quando si va a Medjugorje e si condivide con decine di migliaia di persone quell’esperienza di preghiera e di fede si percepisce che lì c’è qualcosa di diverso. A me, ad esempio, capita sempre di piangere, perché in quel luogo si vivono emozioni indescrivibili. Pregare all’unisono assieme a 50 mila persone e poi ascoltare quei momenti di silenzio totale, in cui anche gli uccelli smettono di cinguettare. Bisogna provare». «Un pellegrinaggio a Medjugorje – continua Porro – può essere incredibilmente rigenerante per lo spirito e il corpo. Mi è capitato spesso di vedere anziani pellegrini che salivano a stento i quattro gradini del nostro pullman al momento della partenza. Poi, quelle stesse persone, erano in grado di compiere la salita fino alla cima del monte Križevac, un’ascensione molto faticosa che dura tre ore. Io sono andato per la prima volta a Medjugoje nel 2002 e da allora la mia vita è cambiata. Ho conosciuti i veggenti, ho ascoltato le loro parole e numerose testimonianze, ma lo ripeto, non è ciò che importa davvero. Conta quello che si percepisce quando si condivide quell’esperienza di fede».

«Ho accolto con grande favore la presa di posizione della Santa Sede che va nella direzione giusta, quella di considerare il pellegrinaggio a Medjugorje come un’occasione per vivere la fede, per incontrare la Madonna e Dio nel proprio cuore – afferma Sbuelz –. I veggenti e le apparizioni non sono il motivo per cui raggiungiamo quel luogo. Ciò che conta è l’esperienza personale che vive ogni pellegrino».

Il primo viaggio di Sbuelz risale al 1985 e da allora Medjugorje è diventata un’autentica ragione di vita per Sergio e la moglie, che hanno accompagnato i fedeli nei pellegrinaggi più di 530 volte. Il prossimo è già fissato per ottobre.

«Quel primo viaggio resterà un ricordo indelebile – racconta –. Io e mia moglie decidemmo di provare quell’esperienza, ma io non ero particolarmente interessato, non andavo mai in chiesa, non pregavo. Arrivato là cambiò tutto. Un’esperienza come la nostra è quella che hanno vissuto milioni di persone. Andare a Medjugorje non può non cambiarti. Non vai là per vedere la Madonna, ma per riconciliarti con te stesso e con il prossimo, per ritrovare la consapevolezza che ci può essere qualcosa che va oltre la nostra vita quotidiana fatta di impegni, frenesia, distrazioni futili».

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