Mine da rimuovere in Croazia: Zagabria punta sul piano nazionale entro il 2026

Ordigni inesplosi dagli anni Novanta

Stefano Giantin

BELGRADO Infestano ancora parti di quei Balcani insanguinati dai conflitti degli Anni Novanta, malgrado ardue operazioni per rimuoverle. Sono le mine anti-uomo, nascoste intenzionalmente nel terreno e poi dimenticate, che rimangono strumento di morte.

Lo conferma il decesso di due sminatori nella Lika, regione della Croazia dove le mine rimangono un pericolo serissimo. Sminatori che, durante operazioni di rimozione di ordigni presso il villaggio di Canak, vicino al parco di Plitvice, sono rimasti coinvolti in un’esplosione. Uno dei due «è morto sul posto, l’altro è deceduto nel trasporto in ospedale», ha reso noto la polizia croata. A metà gennaio, sempre in Croazia, era stato ucciso da una mina un cacciatore, sulle Alpi Dinariche.

Sono ancora circa 170 i chilometri quadrati che le autorità di Zagabria sospettano rimangano infestate da mine piazzate durante le guerre degli Anni Novanta: le regioni più a rischio rimangono Lika, monti della Dalmazia e contea di Karlovac. Ma l’obiettivo “zero mine” si avvicina. Lo hanno confermato i deputati del Sabor croato, che hanno dato questo mese un endorsement al Piano d’azione nazionale per lo sminamento, che prevede l’individuazione e la rimozione di tutti gli ordigni rimasti nel terreno entro il 2026. «Possiamo farcela», ha assicurato il sottosegretario croato agli Interni, Zarko Katić, ricordando che a rischio rimane quasi il 5% della popolazione totale del Paese, quella che vive nelle aree “infestate”. Sono tuttavia numeri che sottintendono un successo, dato che dopo la guerra l’Onu aveva stimato in 13mila chilometri quadrati le aree a rischio. Un successo che è tuttavia costato – e costa – vite umane. I due sminatori morti questa settimana vanno ad aggiungersi infatti agli altri 38 morti durante le operazioni di sminamento dal 1996 – con 204 vittime in Croazia dalla fine del conflitto, secondo dati di Birn.

Rimane molto più lavoro da fare in Bosnia, dove la questione è ancora più grave, con quasi mille chilometri quadrati ancora invasi dagli ordigni e una stima di 80 mila mine da scoprire e disattivare. Anche qui il lavoro già fatto è stato enorme: nel 1996 la superficie a rischio era di circa 4.500 chilometri quadrati. E pure in Bosnia il bilancio è drammatico, con 150 sminatori feriti e 47 deceduti nelle operazioni – senza dimenticare i 1.771 civili feriti dagli ordigni, 621 i morti nel dopoguerra. Anche la Bosnia procede sulla strada dello sminamento totale. E se tutte le autorità coinvolte faranno la loro parte, la Bosnia potrebbe «essere senza mine entro il 2027», ha assicurato il direttore del Centro nazionale per lo sminamento (BH Mak), Sasa Obradović.

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