Ministro serbo finisce nella bufera per la lista nera dei Paesi “amici” del Kosovo

Nel mirino del membro di governo Montenegro, Macedonia del Nord e Albania. Piovono critiche e richieste di chiarimenti

Stefano Giantin
Il ministro della Difesa serbo Miloš Vučević Foto da gov.rs
Il ministro della Difesa serbo Miloš Vučević Foto da gov.rs

BELGRADO Una tempesta estiva improvvisa. E fonte di accese polemiche e attriti. È quella che ha avuto come epicentro in questi giorni la Serbia, da dove si sono propagate in tutta la regione controverse dichiarazioni del solitamente compassato ministro della Difesa, Miloš Vučević, oggi presidente del Partito progressista e considerato molto vicino al presidente serbo Aleksandar Vučić.

Durante un intervento alla tv privata Pink – “voce” dell’attuale classe dirigente serba – Vučević è entrato a gamba tesa contro due Paesi vicini, il Montenegro e la Macedonia del Nord; ma anche l’Albania si è sentita chiamata in causa. «Avete sbagliato e l’errore vi colpirà», ha esordito il ministro, oggi una delle personalità più influenti della politica serba, riferendosi al riconoscimento dell’indipendenza auto-dichiarata da Pristina nel 2008, mai accettata da Belgrado e ancora fonte di tensione.

Il ministro ha proseguito poi suggerendo che quel colpo da lui evocato sarà «come in Ucraina» e toccherà «tutti coloro che hanno promosso il Kosovo e Metohija come Stato indipendente». E poi una durissima arringa contro i Paesi balcanici “traditori” che avrebbero «aperto il vaso di Pandora». «Le vostre risposte burocratiche che il Kosovo è un caso sui generis, un caso speciale, sono ridicole». Ma Vučević è andato oltre. Ha criticato Podgorica, sostenendo che le accuse all’indirizzo della Serbia di interferire nella formazione del nuovo governo sono infondate. Anzi, «dicono che interferiamo nei loro affari; e riconoscere il Kosovo non è un’interferenza ancora più aperta e indecente?». Senza dimenticare che a Skopje «gli albanesi sono il 25% della popolazione e hanno fino al 50% del potere, e in Montenegro i serbi sono il 30% e non possono avere due ministri o appena uno». Infine una stoccata a Tirana, che il titolare del dicastero della Difesa serbo ha sostenuto essere “complice” di un progetto per la creazione della “Grande Albania” e anche Macedonia del Nord e Montenegro dovrebbero stare all’erta.

Parole dure giunte ben presto agli orecchi dei leader dei Paesi messi all’indice da Vučević, con cui generalmente Belgrado ha buoni rapporti. O aveva, perché il danno potrebbe essere importante. Lo suggeriscono le reazioni alle dichiarazioni del ministro serbo, in testa quelle del ministro degli Esteri macedone, Bujar Osmani. Sono state uscite «inappropriate», le ha definite Osmani, aggiungendo che Skopje ha da tempo scelto la «via della cooperazione, incluso con Serbia e Kosovo». E aggiungendo di «attendersi un chiarimento» da parte di Vučević.

A difesa di Vučević stesso, l’ambasciatore Usa a Belgrado Christopher Hill, che ha suggerito che il ministro potrebbe essere stato frainteso. A tentare di stemperare gli animi è stato anche il premier macedone Dimitar Kovačevski, che ha svelato di aver parlato personalmente con Vučić ad Atene e che il leader serbo «ha assicurato di considerare il popolo macedone amico» e addirittura di essere pronto a scusarsi, «se qualcuno è stato offeso».

Scuse che potrebbero servire con il neo-presidente montenegrino Jakov Milatovic. «Considero ogni tentativo di interferenza diretta o indiretta da parte di attori stranieri nella formazione del governo in Montenegro un fatto inaccettabile», ha detto. Arrabbiato anche il premier albanese Edi Rama, che senza nominare Vučević ha avvisato che «ogni minaccia alla stabilità e integrità» di Macedonia del Nord, Montenegro e Albania sono «pericolose e inaccettabili». Tutti contrattacchi che hanno portato Vučević a fare una mezza marcia indietro, assicurando che la Serbia «non minaccia nessuno» e riconosce «l’integrità e la sovranità di tutti gli Stati riconosciuti internazionalmente».

Ma la tempesta estiva, malgrado le precisazioni, è destinata a lasciare strascichi nei sempre complicati rapporti nella regione. Lo conferma il caso dell'ex ministra e politologa montenegrina, l'europeista Jovana Marović, respinta alla frontiera serba per ragioni di "sicurezza", questione che ha provocato nuove polemiche. E «finché Vučić sarà al potere non tornerò più», ha promesso Marović.

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