Onorificenza a Tito, il dibattito sulla revoca torna nelle sabbie mobili

La proposta di legge di Fratelli d’Italia esce dal calendario alla Camera. La sottolineatura del Quirinale. Le posizioni diverse di meloniani e Lega

Elisa Coloni
Il presidente dell’ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia Josip Broz Tito
Il presidente dell’ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia Josip Broz Tito

Il dibattito sulla revoca dell’onorificenza a Tito finisce nelle sabbie mobili parlamentari e tutto fa pensare che, da lì, probabilmente non riemergerà più, complice una precisazione del Quirinale e un confronto politico fattosi scivoloso.

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La redazione
Il maresciallo Tito nel suo studio negli anni Quaranta

La proposta di Fratelli d’Italia

La proposta di legge di FdI alla Camera - primi firmatari il friulano Walter Rizzetto, il capogruppo Tommaso Foti e la triestina Nicole Matteoni - prevede di “inserire nell’ordinamento la possibilità di revoca del titolo di Cavaliere di Gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana a chiunque, anche se defunto come il Maresciallo Tito, si sia macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità”.

La strada per questo cavallo di battaglia del centrodestra poteva non sembrare così densa di ostacoli: alla Foiba di Basovizza il vicepremier forzista Tajani l’aveva definita una «scelta giusta» e la premier Meloni aveva fatto filtrare che «io sono d’accordo, ma la questione è di competenza parlamentare».

Ebbene, il dibattito si è arenato in commissione Affari costituzionali alla Camera, con una frenata arrivata proprio su richiesta di FdI, tra l’altro mal digerita dalla Lega e tra le proteste via social dell’Unione degli Istriani.

È infatti notizia di ieri che la proposta di legge esce dal calendario della commissione: all’Ufficio di presidenza il presidente ha comunicato che «è pervenuta per le vie brevi la richiesta del relatore (Alessandro Urzì di FdI, ndr.) di valutare l’opportunità di sottoporre al presidente della Camera il rinvio della discussione in assemblea ad altro calendario».

Le parole sono del dem Federico Fornaro, ma lo stesso Rizzetto spiega che probabilmente «la questione si fermerà qui, perché dal Quirinale sono arrivate delucidazioni che fanno chiarezza in modo ufficiale sulla decadenza automatica delle onorificenze a chi è deceduto. Una notizia che tanti italiani aspettavano. La nostra battaglia si può dire vinta», afferma il meloniano con i colleghi Matteoni e Lo Perfido.

La destinazione del testo pare possa quindi essere un binario morto, anche perché, come detto, durante la riunione dell’Ufficio di presidenza della commissione sarebbe stato fatto riferimento al chiarimento del Quirinale riguardo alla decadenza delle onorificenze insieme alla morte dell’insignito.

Tutto ruota attorno a una frase sul sito della Presidenza della Repubblica, nella sezione dedicata alle onorificenze, inserita in un riquadro e ulteriormente evidenziata con il grassetto:

“Le onorificenze sono legate all’esistenza in vita dell’insignito e decadono con la sua morte”.

Interpellato sul tema, l’ufficio stampa del Quirinale ha chiarito che quel passaggio non è nuovo e che non c’è stata alcuna «ufficializzazione» da parte del Colle, ma ha comunque confermato che la volontà era quella di rimarcare, anche con evidenza grafica, che le onorificenze sono legate all’esistenza in vita dell’insignito.

Insomma, Tito non è più Cavaliere di Gran croce perché defunto, anche se resta nell’elenco dell’Archivio storico, ben visibile sul sito, «perché da lì non viene rimosso».

Un aspetto valido «per chiunque», ha precisato il Quirinale, confermando però che grassetto e riquadro attorno a quella frase sono stati inseriti circa due settimane fa.

Proprio mentre in commissione si era arrivati a uno scontro tra FdI e Pd, con i dem che avevano rilanciato con un emendamento che estendeva la cancellazione post mortem anche a chi abbia commesso crimini e avuto riconoscimenti al Valore e al Merito dell’Esercito, come Mussolini.

Terreno scivoloso, anche se Rizzetto taglia corto: «Non c’entra nulla. Non si confonda un’onorificenza militare, antecedente alla nascita della Repubblica, con una civile, la più importante».

Per Rizzetto la vicenda è chiusa. Per il deputato dem Gianni Cuperlo pure: «il chiarimento del Quirinale chiude il dibattito». Ma non lo è per tutti.

Per il deputato leghista Massimiliano Panizzut «che un defunto non sia più Cavaliere mi pare evidente, ma qui si chiedeva una cosa diversa, ossia che a Tito venisse revocata l’onorificenza per i crimini commessi in vita, che richiede una modifica al testo di legge ed è di competenza parlamentare. Credo si debba andare avanti. E se per questo dobbiamo toglierla pure a Mussolini, non mi interessa».

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