Parlamentari in Kosovo, confermato il premier Kurti ma calano i consensi

Le opposizioni tentate dalle larghe intese. L’obiettivo è riavvicinarsi all’Occidente e agli Stati Uniti. Voti in calo per il partito dell’ex premier, fermo al 41%

Stefano Giantin
Albin Kurti
Albin Kurti

Exit poll e proiezioni? Questa volta ci hanno visto giusto in Kosovo, andato al voto domenica per le elezioni parlamentari. Si è svegliato lunedì con lo spoglio ufficiale in fase avanzatissima. E i dati ufficiali hanno confermato il quadro suggerito a caldo domenica sera dai sondaggisti.

Uno scenario decisamente a luci e ombre per quanto riguarda il premier in carica Albin Kurti e il suo partito di sinistra-nazionalista, Vetëvendosje (Autodeterminazione, Vv), che trionfò nel 2021 con oltre il 50% dei consensi.

A questo giro, Vv si è invece fermata poco sotto il 41%, sulla base del 97% delle schede scrutinate, una vittoria, ma dall’esito sicuramente inferiore alle aspettative di Kurti e dei suoi uomini, che avevano descritto il voto legislativo come «un referendum» sul premier e sulle sue politiche, additando come obiettivo il mezzo milione di voti. In realtà, le schede con la X sul simbolo di Vetëvendosje sono state poco meno di 340 mila.

Sono numeri che, sicuramente, non permetteranno a Kurti di godere di una maggioranza solida in Parlamento, come in passato, grazie all’appoggio delle piccole formazioni delle minoranze bosniaca e rom. Tutt’altro discorso, invece, per le forze finora all’opposizione, tutte di centrodestra, che possono parlare di risultati soddisfacenti. Discorso che vale in particolare per il Partito democratico del Kosovo (Pdk), saldamente secondo con il 22,1%, mentre terza si è piazzata la Lega Democratica (Ldk), col 17,6%, quarta la coalizione Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak)-Iniziativa socialdemocratica (Nisma)-Lista conservatrice del Kosovo (Lkk), con il 7,4%.

Nessuna sorpresa, infine, per quanto riguarda i voti della minoranza serba, andati in massa alla Srpska Lista, partito espressione degli interessi dei serbi e di Belgrado, che ha conquistato tutti i dieci seggi riservati ai serbi. Confermato anche il dato sull’affluenza, in calo al 40,5%, rispetto al 48% delle precedenti elezioni del 2021.

Cosa succederà ora, a Pristina? Kurti, da una parte, si è detto certo di riuscire a «formare il governo» certificando che «Vetëvendosje ha vinto, il popolo ha vinto». «Abbiamo ragioni per essere ottimisti», ha replicato invece la numero due del Pdk, Vlora Citaku, con le opposizioni che starebbero già pensando a dar vita a una “Grosse Koalition” per scalzare Vv dal potere, prediligendo una politica più moderata e riallacciando rapporti più amichevoli con l’Occidente e gli Usa in particolare.

Kurti potrebbe aver pagato proprio un eccessivo “estremismo”, in particolare col complesso e pericoloso processo di imposizione della sovranità del Kosovo sulle aree “ribelli” abitate dai serbi. Processo che, ricordiamo, ha portato al divieto dell’uso del dinaro serbo nel Nord, alla chiusura di banche e uffici postali serbi, di istituzioni parallele controllate da Belgrado, incluse agenzie delle imposte e anagrafe, alla messa fuorilegge di targhe e patenti emesse dalle autorità serbe – il tutto in un contesto di altissima tensione, tra violente proteste dei serbi e persino con uno scenario “alla Crimea”, con la fallita operazione dei paramilitari serbi a Banjska.

I critici di Kurti e «le opposizioni lo hanno ripetutamente accusato di essersi messo contro la comunità internazionale», per il muro contro muro con Belgrado, «trascurando opportunità di sviluppo economico», ha confermato il politologo dell’Atlantic Council, Jonathan Moore. E le attuali opposizioni ne hanno approfittato.

Ora, tuttavia, visti i numeri, il rebus sul nuovo governo appare di difficile soluzione.

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