Raddoppio della centrale nucleare, Krško 2 sul tavolo dell’Anticorruzione

Un esposto ipotizza conflitti di interesse per due politici già dipendenti della compagnia che controlla parte dell’impianto

Stefano Giantin
La centrale nucleare di Krško, in Slovenia
La centrale nucleare di Krško, in Slovenia

È un investimento da almeno 9-10 miliardi di euro, dunque estremamente impegnativo per le casse pubbliche, e deciderà per decenni il futuro energetico del Paese. Poco sorprende, allora, che il futuro secondo reattore sloveno a Krško rimanga tema caldissimo, a Lubiana, dove non mancano controversie e polemiche in relazione a Krško 2. La capitale slovena è stata infatti scossa da un esposto presentato da un anonimo informatore alla Commissione statale per la prevenzione della corruzione (Kpk), organo autonomo dal potere esecutivo e indipendente per statuto, che vigila sul funzionamento dello stato di diritto e su possibili minacce a esso derivanti da «pratiche corruttive», come si legge sul sito ufficiale della Kpk.

Ok in commissione a Lubiana al referendum sul progetto Krško 2: ipotesi 24 novembre
La redazione
La centrale di Krsko

Proprio la Kpk si è attivata dopo che appunto un informatore ha segnalato all’organo due figure apicali nella politica slovena: il segretario di Stato Danijel Levicar – che è anche incaricato dal governo di coordinare le attività propedeutiche alla realizzazione di Krško 2 - e Nataša Avšič Bogovič, alta esponente del Movimento Libertà del premier Robert Golob e soprattutto a capo della commissione parlamentare alle Infrastrutture, che ha di recente fissato la data del referendum consultivo sul secondo reattore.

Levicar e Avšič Bogovič sono stati segnalati all’Authority anti-corruzione slovena per presunti «conflitti di interesse» e «attività illegale di lobby» a favore del nuovo reattore, ha informato l’agenzia di stampa slovena Sta. La denuncia si basa sul sospetto che il passato dei due abbia avuto e continuerà ad avere un peso in rapporto a Krško 2.

Levicar è stato un dirigente di Gen Energija, colosso sloveno che controlla la metà slovena dell’impianto nucleare esistente, in comproprietà con la Croazia, società che sarà protagonista della realizzazione di Krško 2. Avšič Bogovič ha invece rivestito il ruolo di consigliere nel cda dell’impresa energetica Gen-I. Entrambi, ha informato la Sta, vengono da esperienze nel gruppo Gen, dove «i loro precedenti posti di lavoro li aspettano» una volta terminata l’avventura in politica.

Dunque, tenuto conto che i due «svolgono ruoli-chiave nella preparazione e risoluzione sul referendum» su Krško 2, un impianto il cui futuro investimento è guidato da un’azienda del gruppo Gen, ci sono un chiaro «conflitto di interessi, evidenti attività di lobby per specifici interessi aziendali di una impresa», si legge nella denuncia presentata alla Kpk. Nella denuncia stessa l’informatore ha suggerito inoltre che i due non dovrebbero più avere alcun ruolo nel processo decisionale su Krško 2, dato che potrebbero essere all’origine di «procedure non trasparenti», come nel caso dell’aver fissato il 24 novembre come data del referendum. E nella formulazione del quesito referendario, diventato – secondo la denuncia – una esplicita richiesta di endorsement popolare a Krško 2.

Avšič Bogovič ha respinto ogni accusa assicurando di aver sempre agito in «modo trasparente e diligente come parlamentare e come presidente della commissione, in linea con leggi e procedure». E se la Commissione vorrà approfondire «naturalmente coopererò». Silenzio da parte del premier Golob, mentre il governo ha fatto sapere che Levicar agisce «in modo trasparente» e tutti i suoi contatti con aziende sono comunicati alla Kpk e resi pubblici. Ma il caso rischia di gettare ombre sul referendum e sulla futura Krško 2. —

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