Rete di infiltrati russi in Slovenia per una campagna anti-Occidente

Faro acceso sul ruolo di un colonnello in servizio all’ambasciata, espulso il mese scorso da Lubiana
Stefano Giantin

BELGRADO Un caso grave, che dimostra come Mosca lavori alacremente, dietro le quinte, per influenzare le opinioni pubbliche occidentali a suo favore. È quello che riguarda la vicina Slovenia, che sarebbe stata vittima di un piano russo per interferire nelle celebrazioni del ventennale dell’adesione di Lubiana alla Nato, incitando tra la popolazione sentimenti negativi verso l’Occidente e contro l’Alleanza. Piano, secondo quanto sta emergendo a Lubiana, il cui artefice sarebbe un diplomatico russo cacciato dalla Slovenia a marzo – la prima espulsione del genere resa pubblica da Lubiana – in realtà un agente dei servizi responsabile di aver organizzato la campagna anti-Nato e anti-Occidente.

Secondo quanto ha raccontato l’agenzia di stampa Sta, si tratterrebbe del colonnello Sergei Lemeshev, fino a marzo vice-attaché militare all’ambasciata di Mosca a Lubiana. Di lui, senza fare nomi, aveva parlato al tempo dell’annuncio dell’espulsione il segretario di Stato nel gabinetto del premier Golob, Vojko Volk, accusando il russo di «attività incompatibili con lo status di diplomatico». La feluca cacciata dalla Slovenia era «impegnata in attività in tutte le aree della vita» pubblica, «influenzando i social network» e si trattava di iniziative segrete «monitorate per mesi» dal controspionaggio sloveno, lo j’accuse. «La misura» di espulsione «non è stata presa alla leggera, è stata considerata attentamente e ritenuta necessaria», aveva poi ribadito Volk. Ora, le conferme, seppur ufficiose. Secondo media autorevoli come appunto la Sta e il portale Siol, Lemeshev aveva messo infatti in piedi una rete capillare con membri «ben inseriti» nella società, con l’obiettivo appunto di «provocare discordia nella società slovena» a cavallo dell’anniversario dell’ingresso nella Nato, celebrato a fine marzo. Il fine principale, quello di suscitare dubbi sulla necessità di rimanere nell’Alleanza, ma anche sui presunti «doppi standard» occidentali nel conflitto tra Ucraina e Russia e in quello israelo-palestinese. Fra i fini dell’operazione, anche quello di «minare la fiducia nel governo» sloveno, ha sostenuto la Sta.

Da chi era composta e quanto era vasta, la rete di Lemeshev? Informazioni precise in questo senso non ci sono, ma nei giorni della sua espulsione era circolata la voce che fosse assai corposa. E composta in gran parte da bassa manovalanza, leggi da studenti russi in Slovenia con permessi di studio, “arruolati” invece per ben altre faccende. Non è finita: il diplomatico-spia espulso avrebbe anche raccolto informazioni sulla vulnerabilità di siti web. E non sembra un caso che la Slovenia, negli ultimi mesi, sia stata colpita da massicci cyberattacchi anche contro siti istituzionali e contro la Tv pubblica (anche ieri contro i siti di governo, presidenza e Banca nazionale), poi rivendicati dalla sedicente “Cyber Army Russia Reborn”, gruppo di pirati russi che avrebbe voluto punire Lubiana per il suo sostegno «alla leadership fascista in Ucraina». Gli hacker hanno lanciato «un preciso messaggio ai politici sloveni, ma non ci piegheremo ai ricatti», aveva commentato a fine marzo, dopo la rivendicazione, il primo ministro Golob.

Ma l’iperattivismo delle spie russe non sembra limitato alla sola Slovenia. Anche la vicina Austria è stata scossa in questi giorni dall’arresto di un ex agente di Vienna, che avrebbe passato informazioni riservate all’Fsb a Mosca. E anche in Ungheria si sospetta che politici abbiano ricevuto fondi neri da spie russe, per diffondere propaganda filo-Mosca.

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