Riforma sanitaria in Slovenia, levata di scudi di 4 mila medici
In una lettera aperta ai deputati la denuncia: metterà a rischio la tenuta dei servizi in alcuni settori

Una riforma necessaria, secondo le autorità. Ma il progetto potrebbe avere delle pesanti controindicazioni, finendo per favorire il privato, in particolare in settori critici. È lo scenario in Slovenia, dove il Parlamento questa settimana ha in agenda una attesa discussione sulla complessa riforma della Legge sulla sanità, fortemente voluta dal governo guidato dal premier Golob, in cantiere da mesi.
Ma la riforma potrebbe comportare problemi. È quanto hanno denunciato oltre 4 mila medici, che hanno inviato una lettera pubblica ai deputati sloveni, in vista appunto del passaggio parlamentare delle modifiche legislative. Lettera, ha sintetizzato l’agenzia di stampa Sta, che critica in particolare uno dei pilastri della riforma, che prevede «l’imposizione di un divieto per i medici del settore sanitario pubblico di lavorare per fornitori privati» di servizi per la salute, configurando una sorta di separazione delle carriere pensata per «tracciare un chiaro confine» tra camici bianchi che operano nel pubblico e quelli che invece praticano la loro professione in strutture private.
Le modifiche legislative sono «fortemente contestate dai medici», ha ricordato la Sta. Lo si è visto anche in occasione della pubblicazione della lettera aperta, in cui si sostiene che la riforma potrebbe addirittura mettere a rischio i servizi sanitari in settori come dermatologia, oftalmologia, chirurgia plastica e ricostruttiva, chirurgia maxillofacciale, gastroenterologia e ortopedia. «Si tratta di discipline che già oggi hanno pochissimi medici» nel pubblico, che, con la riforma, saranno obbligati a scegliere dove lavorare, se per il pubblico o il privato, hanno sottolineato i firmatari. E molti avrebbero già deciso di optare per il secondo, una vera e propria fuga di personale e competenze, che rischia di azzoppare l’assistenza pubblica.
Di undici specialisti di chirurgia maxillofacciale e nove specialisti di medicina plastica e ricostruttiva operativi al Centro clinico universitario di Lubiana (Ukc), il più grande ospedale in Slovenia, la metà sarebbe ormai decisa a lasciare il posto nel pubblico, ha sostenuto la lettera. Non sarebbe un caso isolato, con la situazione ancora più precaria negli ospedali regionali più piccoli.
Bojana Beović, numero uno della Camera dei medici di Lubiana, ha infatti rispolverato uno studio dell’autunno scorso, preparato proprio dalla Camera sulle posizioni degli iscritti. Studio, ha ricordato Beović, che ha svelato che il 40% dei medici appartenenti alla Camera lavora per due istituzioni pubbliche o per un concessionario privato e che un buon 15% è pronto a lasciare il pubblico se passerà la riforma.
Le preoccupazioni dei medici sono giustificate e vengono prese in considerazione, la replica della ministra della Salute Valentina Prevolnik Rupel, che ha ammesso che già oggi il pubblico ha carenza di personale e che i pazienti delle strutture sanitarie pubbliche vengono indirizzati al settore privato, settore che deve essere appunto regolamentato. Ma la riforma avrà un periodo di transizione sufficientemente lungo e tale da consentire sia ai medici sia ai direttori delle strutture sanitarie di adattarsi ai cambiamenti, ha assicurato Rupel. «Allo stesso tempo, abbiamo introdotto in questo disegno di legge una disposizione che stabilisce che i massimi esperti che lavorano nel settore privato possono essere riassunti presso le istituzioni sanitarie pubbliche», ha affermato. Giovedì, la palla passa al Parlamento.—
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