Soluzione rotta balcanica: se non ora, quando?

La lettera di amministratori, sia di centrodestra che di centrosinistra, alle istituzioni: «Serve subito una soluzione. Adesso ci sono meno migranti per il freddo ma a primavera sarà emergenza»

Piero Tallandini, Cristian Rigo, Giorgia Pacino
Migranti sulla rotta balcanica
Migranti sulla rotta balcanica

I dati di Frontex sulla rotta balcanica parlano chiaro: i rintracci di migranti alle frontiere esterne dell’Ue nei primi dieci mesi del 2024 sono diminuiti dell’80% rispetto allo stesso periodo del 2023. Un calo a cui, almeno in questo periodo, corrisponde in Friuli Venezia Giulia una situazione dell’accoglienza che autorizza a non parlare di emergenza.

Ma potrebbe trattarsi solo di una calma apparente, preludio di una nuova impennata del fenomeno migratorio in primavera. È il timore espresso dal presidente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) Gianfranco Schiavone e dal direttore della Caritas di Trieste padre Giovanni La Manna. E intanto, gli assessori di nove amministrazioni comunali di Friuli, Veneto e Lombardia scrivono una lettera indirizzata a deputati e senatori proprio sul tema della rotta balcanica, per chiedere alle istituzioni un piano per l’accoglienza delle migliaia di migranti richiedenti asilo che, dopo aver varcato il confine nel tratto triestino, raggiungono poi altre città del Nord Italia, dal Veneto alla Lombardia, e spesso si ritrovano a vivere in strada, o in ripari di fortuna.

La lettera bipartisan

La lettera è stata sottoscritta da Comuni di centrosinistra, ma anche di centrodestra: Udine, Venezia, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Monza, Milano.

La richiesta è di unire le forze istituzionali, offrendo una risposta strutturata per i richiedenti asilo che affollano uffici e, purtroppo, le nostre strade

«I Comuni hanno fatto bene a richiamare l’attenzione sul problema con quella lettera, perché è chiaro che manca un piano di gestione strutturato dell’accoglienza a livello nazionale – sottolinea Schiavone –. Non ci sono un disegno di prospettiva, una programmazione. E così, l’emergenza diventa la normalità.

Il totem inaugurato a Fernetti il 16 dicembre davanti alla sede della Polizia di frontiera a Fernetti (Trieste), capolinea della Rotta balcanica
Il totem inaugurato a Fernetti il 16 dicembre davanti alla sede della Polizia di frontiera a Fernetti (Trieste), capolinea della Rotta balcanica

Situazione sotto controllo

Se guardiamo al Friuli Venezia Giulia e in particolare a Trieste possiamo dire che la situazione attuale è sotto controllo, anche grazie alla nostra struttura da 20 posti che abbiamo aperto nei giorni scorsi per offrire un luogo caldo dove passare la notte, che si affianca al dormitorio della Caritas. In tutto una cinquantina di posti che permettono di evitare che ci siano migranti che trascorrono la notte in strada al freddo».

«Con i numeri attuali, grazie ai dormitori e ai trasferimenti, è possibile gestire il problema – rimarca il presidente dell’Ics – anche perché con il freddo i nuovi arrivi diminuiscono notevolmente. Ma non sarà così quando, a ridosso della primavera, il flusso dei migranti sulla rotta balcanica tornerà ad aumentare. È lecito attendersi una nuova esplosione del fenomeno visto il peggioramento della situazione in particolare in Siria, Palestina e in Afghanistan».

«In questo momento effettivamente parlare di emergenza è improprio, ma preoccupa il fatto che a livello nazionale stia prevalendo la politica della chiusura e che non tutti i comuni diano disponibilità all’accoglienza – osserva La Manna –. Trieste e il Friuli Venezia Giulia sono la porta, ma è chiaro che i migranti non possono essere tutti accolti qui. L’accoglienza va ridistribuita, tanto più che la maggior parte di chi arriva non vuole fermarsi».

«Assicurare un’accoglienza dignitosa è doveroso, anche in vista dei prossimi mesi – aggiunge il direttore della Caritas pensando anche all’aumento degli arrivi in primavera –. Serve un’assunzione di responsabilità collettiva».

«Purtroppo quello dell’accoglienza dei migranti è un problema che non si ha il coraggio di affrontare a livello nazionale, così come a livello europeo. È più facile chiudere le porte e non accogliere – afferma don Paolo Iannaccone, presidente del centro Balducci di Zugliano –. Noi, oltre a 25 ucraini, stiamo dando ospitalità a 25 migranti, soprattutto afghani, pakistani, palestinesi e africani, accoglienza resa possibile solo grazie alle offerte della gente».

Udine

Tra i comuni che hanno lanciato l’allarme per la gestione dei flussi migratori legati alla rotta balcanica c’è anche Udine che lo scorso anno si è trovato in difficoltà nel trovare una sistemazione a molti richiedenti asilo che, per motivi diversi, non erano entrati nella rete di accoglienza o avevano terminato il periodo previsto dalla legge finendo così a dormire per strada.

«L’accoglienza di migranti e minori non accompagnati è un problema strutturale che in Italia viene ancora affrontato come emergenziale nonostante siano passati più di vent’anni - dice l’assessore alla Salute e all’Equità sociale, Stefano Gasparin -: i bandi per l’accoglienza sono sempre più complessi da affidare, mancano strutture, non c’è un percorso coordinato a livello centrale. I Comuni sono in prima linea e alcune situazioni sono ignorate dai più, come quella dei servizi sociali, al lavoro in piena notte in caso di rintracci. Ci vuole collaborazione istituzionale, in Italia solo il 23% dei comuni accoglie minori non accompagnati. La rotta balcanica, nonostante i controlli, passa comunque per un confine lungo 200 chilometri e i nuovi arrivi che le Prefetture devono gestire stanno lì a dimostrarlo».

Al momento i minori non accompagnati in accoglienza sono 135 mentre i neomaggiorenni che fino ai 21 anni sono comunque in carico al Comune, sono 20. Rispetto allo scorso anno quando i nuovi rintracci erano stati 286, il flusso di arrivi dalla rotta balcanica si è quasi dimezzato tanto che al momento nel corso di quest’anno ci sono stati 148 nuovi rintracci. Nonostante ciò la gestione dei migranti resta un nodo ancora scoperto con tante problematiche da affrontare. A cominciare dalla necessità di trovare un posto per dormire a tutti considerato che lo scorso inverno un centinaio di persone circa, secondo le stime della Caritas, è rimasta senza un tetto. Tanto che il dormitorio allestito dal Comune in via Valente ha registrato una media di presenze di oltre 20 persone.

Al momento, con l’inverno alle porte, l’unico dormitorio disponibile è quello gestito dalla Caritas con 23 posti letto, di cui 3 riservati a donne. «Il Comune come ente capofila dell’Ambito socioassistenziale ha avviato un procedimento per la gestione del sistema di accoglienza per persone in situazione di disagio abitativo. Un intervento senza precedenti per contrastare emarginazione, disagio e solitudini. L’iter si è concluso con l’affidamento di tutti i servizi compresi i dormitori ad alta rotazione e dormitori che invece prevedono un percorso di accompagnamento»

In questo momento stiamo lavorando con Caritas e Croce Rossa che si sono aggiudicati entrambi i servizi per mettere in campo le soluzioni migliori

Trieste esclusa

Un’esclusione che colpisce, quella di Trieste e Gorizia. Eppure, l’assenza delle due città di confine tra i firmatari della lettera inviata alle Camere non significa che le due amministrazioni non siano impegnate in prima linea sul tema, anzi. Ci tengono a sottolinearlo gli assessori con delega alle Politiche sociali dei due Comuni, entrambi all’oscuro dell’iniziativa.

«Il fatto di non aver partecipato non significa non avere ben in mente l’importanza e la complessità del tema», assicura l’assessore triestino Massimo Tognolli, che conferma la «fiducia nell’azione delle nostre Prefetture e del governo italiano. Ci sono altri tavoli che con maggior competenza si occupano del tema». Per Tognolli la presenza o meno del nome del Comune in calce alla missiva «non è la misura di nulla».

Firma a parte, Trieste condivide la preoccupazione per un problema che non può essere di competenza locale. «Credo che serva una risposta sistemica, ma ci sono anche peculiarità territoriali da considerare. È chiaro che un comune della Lombardia conosca meno di noi le peculiarità della rotta balcanica». Per i Comuni il primo banco di prova è quello dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

Lo scorso anno dovevamo fronteggiare anche 80 arrivi a settimana. Nel 2023 sono state toccate le 440 presenze, quest’anno l’ultimo dato di pochi giorni fa è di 288.

Gorizia

Anche a Gorizia, dove l’iniziativa delle altre amministrazioni non è arrivata alle orecchie del Comune, il focus è sui tavoli che contano. «Gorizia era sul fronte dell’accoglienza già 30 anni fa, quando c’era la guerra in Jugoslavia, e sui tavoli nazionali vedo che Gorizia è avanti rispetto ad altre località di tutta Italia», sottolinea l’assessore Silvana Romano. Che pure condivide l’appello a unire “le forze istituzionali” e offrire “una risposta strutturata”, come scrivono i colleghi delle altre città.

A Roma non si parla di noi

«La rotta balcanica è sempre stata sottovalutata. Io l’ho sempre portata sui tavoli nazionali, anche quando pochissimi ne parlavano, forse perché siamo sempre stati più preparati avendo gestito i primi flussi». Romano è convinta della necessità di un intervento statale, perché «non si può demandare a un ente locale la soluzione di un problema sovranazionale». I migranti, per l’assessore, «vanno controllati» e occorre «strutturare un’accoglienza diversa perché non tutte le Prefetture la gestiscono nello stesso modo, soprattutto per quanto riguarda i minori. A Gorizia – assicura – non abbiamo grossi problemi perché ci siamo strutturati bene».

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