Sciopero della spesa, dalla Croazia la protesta si allarga a tutti i Balcani
Dopo l’esperimento di venerdì scorso, torna il boicottaggio dei negozi anche in Serbia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina
Dopo la Croazia – che ieri ha iniziato quello che si prospetta essere un lungo bis – ora anche la Serbia e altri Paesi della regione seguono a ruota. Si sta estendendo, nei Balcani, la rabbia popolare verso l’insostenibile carovita che da più di due anni sta impoverendo famiglie e cittadini, colpiti nel portafoglio da rincari spesso insostenibili, soprattutto per l’acquisto di generi essenziali. Così, dopo il primo grande “sciopero della spesa” in Croazia, un successo enorme venerdì scorso, un movimento dal basso contro l’inflazione sta crescendo sempre di più.
Il grande boicottaggio
Lo si è visto nuovamente in Croazia, dove è partito il «Veliki Bojkot», un grande boicottaggio di alcune delle maggiori catene di supermercati, ma anche di prodotti come Coca-Cola, acque in bottiglia e detergenti. A lanciare l’iniziativa, “Halo, Inspektore”, pagina Facebook con più di centomila follower creata dall’organizzazione per la protezione dei consumatori Ecip e da altri gruppi sui social, che hanno chiamato i croati a replicare una protesta simile a quella di venerdì scorso, ma più lunga. «Boicotteremo» oggi tutti i negozi e le botteghe e poi fino al 5 febbraio quelle «tre catene» della grande distribuzione e i prodotti messi nel mirino, l’appello di Halo Inspektore, che mira a ripetere l’enorme successo del primo sciopero della spesa, con un calo del giro d’affari di circa il 50% il 24 gennaio rispetto allo stesso giorno della settimana precedente.
Sciopero bianco delle cassiere
Il nuovo sciopero della spesa in Croazia è stato addirittura sostenuto da alcune cassiere, che hanno assicurato che rallenteranno le operazioni di pagamento in segno di solidarietà. «Se vi è difficile» non fare compere «pensate al figlio a cui non avete potuto comprare la cioccolata o le scarpe» perché costavano troppo e a «quanto avete pagato solo il pane», alcuni dei tanti commenti sui social favorevoli all’iniziativa, che ha tuttavia registrato anche qualche critica, perché «troppo complicata» e di «durata eccessiva». Sarà un successo anche questo lungo boicottaggio? Le prime immagini e video circolati ieri hanno suggerito un certo calo dei clienti, ma per avere certezza dell’andamento bisognerà aspettare i primi dati ufficiali. Di certo, il governo ha recepito già il messaggio. Dopo un incontro, ieri mattina, con i rappresentanti del mondo del commercio, è stato infatti annunciato un nuovo “tetto” al prezzo di una settantina di prodotti, tra cui pane, farina, polenta, biscotti secchi, fette biscottate e pasta, che vanno ad aggiungersi agli altri già in lista dal 2023, tra cui latte, olio, yogurt e carne di maiale.
Il contagio in Serbia
Ma non c’è solo la Croazia. Anche nella vicina Serbia andrà in scena un «boicottaggio di un giorno» dei maggiori supermercati, in gran parte controllati da colossi stranieri e già sotto indagine delle autorità per sospetto cartello per mantenere alti i prezzi. Sulla base di studi passati e presenti, «i serbi pagano molto di più per cibo e detergenti dei cittadini europei» e molti prodotti made in Serbia «sono più cari da noi che all’estero», ha denunciato l’anima dell’iniziativa, l’organizzazione Efektiva. Oggi «non comprate nei supermercati» dei marchi segnalati, l’appello. Sempre per oggi sono attese azioni di boicottaggio anche in Montenegro e in Bosnia-Erzegovina, dove nel mirino ci sono anche i distributori di benzina. «I cittadini hanno il diritto a prezzi decenti» e lo sciopero dei consumatori «non è una minaccia al libero mercato», ha assicurato il ministro federale del Commercio, Amir Hasičević.
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