Serbia, dopo le proteste la resa del premier Vučević

Terremoto politico a Belgrado: il premier si dimette. E sulle mobilitazioni accusa: «Progettate dall’esterno»

Stefano Giantin
L'ormai ex premier Miloš Vučević. Foto Epa
L'ormai ex premier Miloš Vučević. Foto Epa

Dopo mesi di proteste – e dopo nuove violenze contro gli studenti – un terremoto politico. È quello che ha scosso martedì la Serbia, dove è rotolata una testa eccellente. È quella del premier Miloš Vučević, fedelissimo del presidente Vučić che ha annunciato il proprio addio alla poltrona di capo di un governo che, nella sua interezza, si può considerare dimissionario, dopo aver retto le sorti dello Stato per meno di un anno.

Si tratta di «dimissioni irrevocabili», ha specificato Vučević, che aveva esordito lodando i risultati del suo esecutivo in particolare sul fronte economico. Ma «la grande tragedia di Novi Sad», anche «usata politicamente per fini politici», ha oscurato tutto, ha ammesso, descrivendo la Serbia come una nazione rimasta sospesa nell’attimo del crollo della tettoia in cemento della stazione, attimo che è costato la vita a 15 persone.

Il governo serbo, ha continuato Vučević, che è stato sindaco di Novi Sad dal 2012 al 2022, ha «dimostrato responsabilità, due ministri si sono dimessi», un riferimento al potente Goran Vesić, ora sotto inchiesta, e a quello del Commercio, Tomislav Momirović, prova che «non ci sono protetti».

E «abbiamo cercato di pubblicare» tutto quanto richiesto dagli studenti, ha aggiunto. Non sarebbe bastato, nella lettura di Vučević, a calmare le acque e le proteste, in una Serbia «profondamente spaccata» da quello che il premier uscente ha esplicitamente definito uno scenario «progettato dall’esterno», allusione a un tentativo di rivoluzione arancione, andato in scena malgrado «avessimo tentato di calmare» le tensioni.

La conferma? «Quando speravamo di tornare al dialogo» dopo le aperture e la richiesta di rimpasto lanciate da Vučić lunedì sera in Tv, una «mano invisibile ha creato un nuovo incidente, creando tensioni nella società».

Il pestaggio

Un riferimento, quello di Vučević, a un gravissimo attacco agli studenti registrato nella notte tra lunedì e martedì a Novi Sad, mentre a Belgrado tantissimi giovani continuavano a presidiare il grande crocevia stradale di Autokomanda.

Secondo quanto denunciato dagli stessi studenti, intorno alle tre di notte un gruppo di giovani “indignados”, che stava attaccando degli adesivi nei pressi di una sede dell’Sns di Vučić e Vučević, è stato attaccato da alcuni coetanei usciti proprio dalla sede Sns.

Il bilancio: «una giovane è stata seriamente ferita», addirittura con «la mascella slogata», mentre «qualche altro ha riportato ferite leggere», hanno informato gli studenti. Pestaggio che ha scioccato la piazza e mezza Serbia e che è stata la goccia che ha portato alle dimissioni di martedì, non solo quelle di Vučevićc, ma anche quelle del sindaco di Novi Sad, Milan Đjurić. E lo stesso Vučević ha ammesso che si è trattato di un atto «ingiustificabile».

«La politica a cui io appartengo, il partito che io guido», l’Sns appunto, «deve dimostrare il più grande senso di responsabilità e per questo, dopo quanto accaduto nella notte a Novi Sad, la mia decisione irrevocabile è quella delle dimissioni», già accettate da Vučić, ha chiosato Vučević, auspicando che ciò riporti un po’ di calma nel Paese.

Le prospettive

Cosa succederà ora? Le proteste continuano – lo si è visto martedì stesso in svariate città, Novi Sad in testa, scesa in massa in strada contro le violenze sugli studenti – mentre le opposizioni hanno parlato di dimissioni-farsa. E hanno rigettato l’ipotesi voto anticipato, evocando un governo di transizione.

Ma sul fronte della crisi politica, le opzioni sono tre: rimpasto totale, governo tecnico o appunto urne prima del tempo. Quale la via? Vučić, in conferenza stampa ieri sera, ha evocato consultazioni rapide, per tastare il polso alle varie espressioni della politica nazionale. «Sono aperto a entrambe le opzioni», nuovo governo o elezioni, ha aggiunto, escludendo però un governo di transizione. L’enigma sarà risolto, forse, solo nei prossimi dieci giorni. —

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