La Serbia espelle tredici persone, cinque fanno parte di Ong croate

Protesta Zagabria, che sconsiglia viaggi nel Paese. Belgrado: interferenze nei processi politici interni

Stefano Giantin
Il ministro degli Esteri croato Gordan Grlić-Radman
Il ministro degli Esteri croato Gordan Grlić-Radman

Esponenti di Ong straniere “attenzionati” dalla polizia e poi espulsi perché avrebbero rappresentato un rischio per la sicurezza nazionale. Accade non in Russia, ma nel cuore dei Balcani, in quella Serbia che ha come obiettivo strategico l’ingresso nella Ue – ma pare essere incappata in un caso destinato a far discutere a lungo.

A farlo esplodere la rivelazione del quotidiano croato Jutarnji List, secondo cui cinque cittadine croate, arrivate a Belgrado per un seminario organizzato dalla Fondazione Erste, alla fine del workshop sono state fermate in hotel da agenti in borghese, portate in una stazione di polizia e poi espulse, con l’obbligo di non rimettere piede in Serbia per un anno.

Secondo la stampa di Zagabria, alle cinque sarebbe stato fatto firmare un documento, in cirillico, in cui si sosteneva che la decisione sarebbe stata giustificata per proteggere la «sicurezza della Repubblica di Serbia».

L’ira della Croazia

Il caso ha suscitato l’ira di Zagabria, con il ministro degli Esteri croato, Gordan Grlić Radman, che ha anticipato l’invio di una protesta ufficiale e la decisione di «informare la Delegazione Ue» sulle «azioni delle autorità serbe che hanno messo i cittadini croati in una posizione umiliante».

Nota di protesta che è in effetti è stata recapitata oggi, giovedì 23 gennaio. Nel documento, Zagabria ha chiesto «chiarimenti» sul caso ed espresso una «forte condanna» della vicenda. È stato anche consigliato ai croati di evitare viaggi non essenziali in Serbia.

Gli espulsi 

I contorni della vicenda potrebbero essere anche più ampi. Secondo gli organizzatori del seminario, gli espulsi sarebbero tredici: cittadini con passaporto di Croazia, Slovenia, Slovacchia, Macedonia del Nord, Albania, Moldavia, Romania, Austria, ha sostenuto il portale Autonomija.

«Non abbiamo idea del perché tutto ciò sia accaduto e riteniamo si tratti di un incidente molto preoccupante», spiega a Il Piccolo un portavoce delle Erste Stiftung, che assicura di «monitorare da vicino la situazione assieme al nostro partner Ngo Academy».

I partecipanti espulsi facevano parte di un progetto in corso dal 2013, con tappe in svariate capitali, Belgrado inclusa, senza che ci fossero mai stati problemi.

La vicenda, condannata da svariate Ong serbe e croate, è confermata da Ana Kovačić, una delle cinque croate espulse. «Sì, abbiamo partecipato a un workshop» promosso da Erste, «eravamo tutti membri di Ong, molti di noi neppure si conoscevano da prima», spiega a Il Piccolo Kovacic, curatrice, di base a Zagabria. Alla fine del seminario, «la polizia è arrivata in hotel intorno alla mezzanotte e ci ha portato in una stazione. Abbiamo ricevuto un divieto di ingresso in Serbia per un anno e l’ordine di lasciare il Paese nel giro di 24 ore, cosa che abbiamo fatto da sole», aggiunge. La motivazione? «Non ci hanno dato spiegazioni, malgrado alcune di noi abbiano insistito».

Per Kovačić l’intera vicenda sarebbe un modo «per danneggiare le più grandi proteste avvenute in Serbia nell’ultimo secolo, che hanno il potenziale di rovesciare il regime. Si tratta di un tentativo disperato di minimizzare le proteste per stare al potere», magari suggerendo che dietro ci siano «croati e l’Occidente».

La replica della Serbia

In serata, è arrivata una risposta del ministero degli Esteri serbo, che ha parlato di attacchi «inaccettabili» contro la Serbia, assicurando che le cinque croate sono state trattate nel rispetto della legge. E ha contrattaccato, accusando Zagabria di non aver spesso usato i guanti con i serbi in Croazia e assicurando che Belgrado è per relazioni armoniose con i vicini, ma contro «interferenze nei processi politici» interni. —

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